Votare la missione in Iraq è un voto per la nostra sicurezza

La Provincia di Como del 18 luglio 2005

Credo sia dovere di tutte le forze politiche fare in modo che i terroristi islamici valutino meno “conveniente” possibile dal punto di vista dei loro obiettivi politici un eventuale (Dio non voglia) attacco all’Italia.

A questo riguardo il voto sul finanziamento della nostra missione di pace in Iraq è una grande occasione per dare il segnale migliore. Se (pur mantenendo il giudizio negativo sulla guerra in Iraq) il centrosinistra o parte di esso votasse a favore o quantomeno si astenesse, il messaggio agli islamisti sarebbe chiaro: anche se ci attaccate, non coglierete l’obiettivo politico da voi auspicato nel documento dell’autunno 2003 “La Jihad in Iraq, speranze e pericoli” (documento programmatico del terrorismo islamico): isolare gli americani e gli inglesi ottenendo il ritiro dall’Iraq delle forze spagnole e italiane grazie a gravi atti terroristici.

Se invece a sinistra continueranno a opporsi alla missione in Iraq (e soprattutto se non chiariranno nel loro programma elettorale come intendono affrontare la questione irachena), si creano le condizioni per una dolorosa replica della situazione spagnola.

A tale proposito, fanno riflettere le parole dette da Bob Ayers, esperto del controspionaggio militare Usa, intervistato due giorni fa da Il Giornale: “L’Italia sì, invece, che può rientrare nei loro obiettivi. Ma ci vuole un elemento scatenante. Una semplice tornata elettorale non basterebbe. Ci vorrebbero elezioni che avessero sapore di referendum, come accadde a Madrid, quando tutto si giocò sull’uscita o meno della Spagna dall’Irak.”.

Allora dire come ha fatto lunedì Prodi “in questa situazione, il nostro rinnovato “no” al rifinanziamento della missione italiana in Irak non si può neppure mettere in discussione” non rende più tragicamente appetibile dal punto di vista politico per i terroristi attaccarci, puntando sulle divisioni tra governo e opposizione e sulle reazioni interne che deriverebbero dopo un attacco? Agendo come sta agendo finora, l’Unione sta rischiando di rendere conveniente per i fini politici dei terroristi colpire il nostro paese. Come avvenne in Spagna.

Voteremo il rifinanziamento della missione la settimana prossima. C’è dunque ancora tempo per cambiare rotta e comprendere la dura lezione degli attacchi compiuti a Londra non da “estremisti stranieri educati in Paesi oppressivi e vittime di privazioni ma da gente cresciuta nella nostra società multirazziale della quale i nostri governanti andavano fieri”, come commentava due giorni fa il quotidiano della sinistra britannica “The Guardian”. C’è ancora tempo per capire che chi fa strage di bambini innocenti non è un resistente che combatte contro l’invasore americano ma un terrorista criminale che teme che in Iraq si affermino libertà e democrazia. C’è ancora tempo per capire che siamo in guerra, una guerra contro l’Occidente che ha avuto il suo primo atto nella nostra terra l’11 settembre 2001 a New York ma che Osama Bin Laden aveva già dichiarato anni prima. C’è ancora tempo per l’Unione di cambiare decisione e sostenere la missione di pace in Iraq, consapevoli che è un voto per la sicurezza dell’Italia, non un voto a favore del governo Berlusconi.

on. Antonio Palmieri, deputato del collegio di Cantù


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