La pace in Terra Santa

La Provincia di Como del 26 settembre 2004
di Antonio Palmieri

“Gli israeliani e i palestinesi sono come due figli dello stesso Padre: Israele è il “laboratorio” di Dio, dove i popoli devono imparare a vivere in pace e in armonia tra loro”. Con queste parole monsignor Pietro Sambi, nunzio apostolico in Israele e delegato per la Palestina ha accolto a Betlemme domenica scorsa noi deputati in pellegrinaggio in Terra Santa. E padre Ibrahim Faltas, custode della Basilica della Natività, ci ha raccontato del modo in cui lui lavora al servizio della piccola comunità cattolica di Betlemme ma anche degli israeliani e dei palestinesi, senza guardare all’appartenenza etnica o religiosa. La stessa cosa ci avevano detto all’inizio del nostro pellegrinaggio gli italiani che gestiscono l’ospedale cattolico Sacra Famiglia di Nazareth, da più di cento anni punto di riferimento per la popolazione, dove medici e infermieri cattolici, ebrei e musulmani lavorano insieme per i loro pazienti, a qualunque etnia o religione appartengano.

Queste sono alcune delle testimonianze che hanno arricchito il pellegrinaggio in Terra Santa guidato dal cappellano della Camera mons. Rino Fisichella, cui ho partecipato con altri 31 deputati da giovedì 16 a lunedì 20 settembre, giorno in cui ci ha raggiunti il presidente della Camera Casini in occasione dell’incontro con il capo dello stato israeliano Katsav.
Sono stati giorni fitti di incontri con cattolici, israeliani e palestinesi, densi di preghiere e di riflessioni nei luoghi in cui visse Gesù. Giorni nei quali ho visto le difficoltà in cui si dibatte la Terra Santa e ho conosciuto le opere di speranza e di positività che i cattolici stanno facendo crescere con pazienza e tenacia.

E’ stato davvero bello e commovente. Per questo la notizia dell’attentato di mercoledì a Gerusalemme mi ha colpito come un pugno alla bocca dello stomaco. Una ragazza di 18 anni si è fatta saltare in aria, uccidendo due persone e ferendone altre quindici. Questo per me non è stato il “solito”, ennesimo attentato: sembrava la negazione di tutto il positivo che avevo incontrato laggiù e che stavo cercando di far conoscere in Italia.
Ma non è così, non possiamo consentire che sia così. La politica deve fare la sua parte: il premier israeliano Sharon ha detto che nonostante l’attentato continuerà il ritiro unilaterale dai territori occupati e le autorità palestinesi hanno condannato quest’ultimo atto terroristico. Noi parlamentari che siamo stati pellegrini in Terra Santa sproneremo il governo affinché continui a dare il suo contributo, assieme all’Unione Europea, per sostenere il processo di pacificazione.
Tuttavia anche ogni persona di buona volontà può dare un contributo: chi crede, con la preghiera; chi può, facendo un pellegrinaggio in Terra Santa. Infatti tutti, da padre Ibrahim ai membri del governo palestinese, dal nunzio apostolico alle autorità israeliane, ci hanno chiesto di dire ai nostri concittadini di andare in pellegrinaggio nei Luoghi Santi, perché i pellegrini cattolici sono un grande segno concreto di pace. Noi abbiamo girato per la Terra Santa senza particolari protezioni (tranne il giorno dell’incontro con il presidente israeliano) e verificato che ci sono le condizioni perché i pellegrini tornino in Israele e in Palestina. Dal 2000 a oggi, il flusso dei pellegrini è diminuito quasi del 99%: ciò ha messo in ginocchio la fragile economia palestinese e danneggiato quella israeliana ma soprattutto ha determinato una situazione di abbandono per le piccole comunità cristiane là presenti. Per questo il Papa nei mesi scorsi ha chiesto ai cattolici di tornare in Israele: per non lasciare soli questi nostri fratelli che vegliano sui Luoghi Santi e per costruire un ponte di pace tra i popoli di quel territorio. Chi può, chi vuole, lo faccia.


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