Oggi sono cinque mesi dal giorno dell’emorragia cerebrale che ha colpito mio padre. Cinque mesi istruttivi, che mi hanno portato in contatto con la sofferenza e con luoghi (tre ospedali) di sofferenza e fatica. Cinque mesi importanti, che mi confermano nella convinzione che la vita non ha una sola qualità ma che ogni condizione ha la sua particolare qualità di vita. E che l’importante, per chi è malato, è non conoscere l’abbandono, la tristezza, la paura. Sulle ultime due cose posso fare poco, sulla prima, molto. Credo.