Internet Tax, la marcia indietro del governo

Il sottosegretario Levi, padre del ddl sull’editoria che contiene all’art.7 la famigerata tassa su internet, ha annunciato ieri da noi in commissione cultura (purtroppo io sono a casa malato) una modifica alla legge che prevede l’esenzione dei siti personali e blog.

Era prevedibile. Non cambia tuttavia di molto la situazione. Rimane il problema della scarsa cultura dell’internet in genere di gran parte della classe politica (chi non usa internet non sa cosa sia), il digital divide della politica. Soprattutto, rimane anche poco il tempo che ancora resta a questo governo….


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2 risposte a “Internet Tax, la marcia indietro del governo”

  1. Avatar Mauro

    Ai siti personali e blog bisognerebbe aggiungere i siti di associazioni culturali, non profit o comunque senza fini di lucro, che sono comunque già registrate…

    Fantastica giornata oggi al Senato: 4 sberloni alla maggioranza che rinuncia a porre la fiducia perché sa che finirebbe male!
    A CASA!!!

  2. Avatar Nessie

    Caro Palmieri,
    qui non è solo questione di tasse. Certo, ANCHE di queste, visto che il collegamento Internet, già lo si paga. Ma il problema è un altro: le mani sulla rete e l’eventuale bavaglio, degno di un regime liberticida alla cinese o alla birmana. Ecco perché se anche è stato emendato l’art. 7, resta comunque l’art. 5 quando parla di attività editoriali “non lucrative”. Se non sono lucrative, perché diavolo le si vuole “regolamentare” con farragini burocratiche? Semplice. Perché da Internet si attingono un mucchio di notizie dal basso, perché c’è un tam-tam planetario quasi in tempo reale, per cui si sa da subito cosa accade anche e senza il filtro della stampa ufficiale e dei network. E perché l’informazione non costituisce più un mezzo per esercitare il potere, negandola, alterandola o contrafaccendola. Se l’informazione è di TUTTI, non è più cosa loro. Non è un caso che anche in USA una lobby innominabile prema per ottenere lo stesso bavaglio. Decreto Levi? Tutto da buttare.

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