La nostra riforma è per tutti

Intervento in commissione durante la discussione generale della legge di riforma della scuola
del 16 gennaio 2003

L’ascolto degli interventi di voi colleghi dell’opposizione ha rafforzato la mia convinzione a favore della riforma della scuola proposta dal governo, non solo perché i vostri interventi hanno mostrato la differenza culturale e di impostazione che ci divide. Mi duole che l’abbiano fatto quasi sempre criticando nella riforma quello che non c’è, attribuendo al ministro e alla maggioranza intenzioni che non ci sono nel testo della legge e azioni che non abbiamo compiuto. Mostrerò questo analizzando alcune delle vostre più ripetute osservazioni negative:

1. L’uso della legge delega non ha impedito il dibattito, che dura da più di un anno e mezzo. Esso è cominciato nel luglio del 2001 con la formazione della commissione Bertagna, è proseguito con l’ascolto di studenti, genitori, insegnanti, è culminato negli Stati generali della scuola del dicembre 2001 con la presentazione della bozza Bertagna. Sono poi seguiti dibattiti nei media e nel Paese, la presentazione del testo di legge, il lungo dibattito al Senato e ora quello alla Camera.

2. Ci dite che noi abbiamo sottratto risorse alla scuola pubblica a favore delle scuole private. In primo luogo voi continuate a confondere (confusione terminologica che rivela una precisa concezione politica) la scuola statale con la scuola pubblica, perché in realtà tutta la scuola è pubblica (come è detto nella legge 62 del 2000) quella statale e quella privata. In secondo luogo non solo la legge non prevede alcun sostegno per le scuole non statali ma anzi il nostro elettorato ci rimprovera di non aver ancora fatto concreti passi in avanti in direzione della vera parità scolastica. In commissione ci siamo limitati a “incardinare” in luglio la discussione sui progetti di legge relativi al buono scuola e la misura approvata in finanziaria per il credito d’imposta per chi si iscrive alla scuola privata è una misura simbolica, data la cifra stanziata.

3. Ci rimproverate di individuare nella famiglia la sede più adatta per sostenere le scelte del ragazzo, specie quella tra istruzione e formazione professionale. La domanda fondamentale è la seguente: di chi sono i figli? Della famiglia o dello stato? Noi crediamo che i figli “sono” della famiglia, dove ciò indica non un possesso ma una appartenenza a una comunità che ti vuole bene, che vuole il tuo bene. Per questo noi riteniamo che sia la famiglia il luogo dove meglio si conosce il ragazzo e quindi meglio lo si possa aiutare alle scelte determinanti per il suo futuro.

4. Dite che noi vogliamo una scuola di qualità per pochi a scapito di tutti gli altri. E’ un giudizio inaccettabile non solo sul piano morale ma anche su un piano di mera convenienza. Quale governo occidentale oggi scientemente condannerebbe il proprio Paese alla sconfitta nella competizione interna all’Europa e a quella globale, abbassando volontariamente la qualità della preparazione dei propri cittadini?

5. Ci dite che per noi la scuola costituisce una spesa e ci imputate un’azione basata esclusivamente sui “tagli”. In realtà sapete bene che si tratta di una azione di razionalizzazione dei costi, la stessa che voi avete tentato invano con le finanziarie dei vostri ultimi governi.

6. Dite che il doppio canale (istruzione e formazione professionale) configurato nel disegno di legge mira alla proletarizzazione della società. E’ vero il contrario: nella nostra impostazione vogliamo finalmente dare pari dignità al sistema dei licei e della formazione professionale, consapevoli del fatto che oggi non può valere una distinzione tra chi pensa e chi lavora. Oggi chi lavora deve saper pensare.

7. A fasi alterne, ci rimproverate che il disegno di legge delega contiene un alto tasso di impostazione ideologico o viceversa ci imputate il fato che esso non postula alcun principio generale, come invece una delega dovrebbe fare. Mettetevi d’accordo!

8. Le sperimentazioni. Ci dite che esse hanno generato inquietudine e rassegnazione nel mondo della scuola. Invece è vero il contrario, perché molti altri istituti avrebbero voluto parteciparvi. In sostanza anche in questo caso ci rimproverate per un atto di realismo e di buon senso, perché le sperimentazioni – tirate le somme alla fine dell’anno scolastico in corso – consentiranno di dispiegare al meglio l’intero progetto di riforma quando esso sarà diventato legge.


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