Insegnare il valore di verità e libertà

La Provincia di Como del 2 novembre 2003
di Antonio Palmieri

L’editoriale di ieri del direttore de «La Provincia» «Perché ora i laici difendono la croce» ha evidenziato l’imprevedibile schierarsi a difesa del crocifisso di tanti cosiddetti laici, dopo l’improvvida decisione del giudice Montanaro di accettare il ricorso del provocatore islamico Adel Smith.
Condivido la tesi dell’autore: la provocazione di Smith ha fatto emergere un timore che già alcuni osservatori avevano segnalato alla fine degli anni ?90 e che la dichiarazione di guerra contro l’Occidente compiuta con gli attentati dell’11 settembre 2001 ha reso evidente. Si tratta della paura che l?Italia e l?Europa siano minacciate nelle proprie tradizioni dall’immigrazione islamica. Tesi accentuata da chi afferma che taluni paesi musulmani avrebbero pianificato di conquistare «pacificamente» l’Europa per poi imporre la loro religione e la illiberale legge islamica, usando come «arma» le nostre leggi liberali, la nostra debolezza culturale, la forza dei numeri (loro sono giovani e fanno figli, noi no) e il vigore espansivo della loro fede.

Io non so se sia così, ma è sicuro che questa eventuale invasione non è più silenziosa: da due anni a questa parte fatti grandi e piccoli continuano a risvegliarci dal nostro letale torpore e ci spingono a reagire, come è avvenuto in questi giorni.
Tuttavia – questo è il punto – una reazione «di pancia» non è sufficiente. E’ necessario saper dare motivazioni ragionevoli, condivisibili e convincenti, in modo particolare per i nostri giovani, che mi sembrano i grandi assenti dal dibattito di questi giorni, come se gliene importasse ben poco.
La vicenda di Ofena ha messo in scena un nuovo tipo di frattura generazionale: i ‘vecchi’ (quelli da quarant’anni in su) dimostrano di avere ancora una appartenenza culturale nazionale da difendere; i ventenni e i trentenni si accontentano di Halloween.

E ancora: mentre Bertinotti difende il crocifisso, la trentenne deputata di Rifondazione Titti De Simone presenta una proposta di legge per abolire le norme che impongono la presenza del crocifisso nelle scuole. Questa situazione è la conseguenza di almeno vent’anni di dominio del relativismo culturale, concetto difficile che significa una sola cosa: l’unica verità è che non c’è verità.
Di conseguenza tutte le culture e i modi di vita devono avere pari dignità e chi afferma che la verità esiste è un nemico della libertà e un fondamentalista intollerante.

Vivi e lascia vivere, indifferente a quanto ti circonda, è la condizione nella quale crescono le nuove generazioni: un relativismo senza storia e senza memoria, senza radici e senza futuro, che non crede in nulla o non ha il coraggio di difendere ciò in cui crede per non apparire intollerante.

Se così stanno le cose, allora il nemico non è Adel Smith, ma la concezione secondo cui l’uomo non deve cercare la verità. In questi giorni in molti abbiamo detto – anche nella risoluzione di Adornato e mia che discuteremo martedì in Commissione Cultura alla Camera – che il crocifisso oltre a essere il segno della fede del popolo italiano è l’emblema dei valori dell?Occidente: la libertà della persona, il rispetto di tutte le fedi religiose, la laicità dello Stato. Dovremo anche evidenziare che Gesù ha saputo porsi come la Verità e insieme difendere la libertà di ogni singolo essere umano di accettarla o meno.
Questa è l’opportunità che ci viene dalla vicenda del crocifisso di Ofena: riprendere a coniugare insieme verità e libertà e insegnarlo ai nostri ragazzi in modo convincente, in primis con il nostro esempio.
Approfittiamone.


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