Idratazione e alimentazione. Non confondere lo strumento con il fine

Vorrei introdurre un elemento nuovo nella nostra discussione, perché, a differenza del collega Sannicandro, sono fermamente convinto, come ho già detto più volte, che, se abbiamo la pazienza di ascoltarci, possiamo, insieme, tutti quanti, migliorare questo testo.

L’elemento di novità, di cui il nostro emendamento è portatore, consente secondo me di sciogliere un equivoco. Noi ci stiamo dividendo, da ieri e da mesi, sul tema dell’idratazione e dell’alimentazione artificiali, perché c’è un equivoco, a mio avviso, di fondo: per una parte di noi, non sono trattamenti sanitari, per alcuni, sono trattamenti sanitari.

La questione, a mio avviso, è che confondiamo lo strumento con il fine. Mi spiego, anch’io da paziente, come Sannicandro; sono trattamenti sanitari nel momento in cui per praticarli, come molte volte la collega Amato e il collega Burtone ci hanno ricordato, serve un intervento medico, un intervento anche in senso stretto, magari per applicare una PEG, però questo intervento è lo strumento; il fine è dare al paziente, che altrimenti non può nutrirsi, cibo e acqua, certamente in una forma non “elementare”, come avviene a ciascuno di noi che può nutrirsi normalmente, ma noi, attraverso il cibo che assumiamo, normalmente assumiamo dei componenti dal cibo stesso che viene poi frantumato, per così dire, dal nostro apparato digerente.

Per chi non può alimentarsi da solo questo avviene attraverso i prodotti che vengono forniti dall’industria farmaceutica. Ma la finalità è la stessa.

Allora, dentro questo equivoco sta il secondo passo in avanti e vengo al nostro emendamento. La nostra preoccupazione è: fermo restando che per i pazienti in fine vita abbiamo già detto, con emendamenti, e lo ridiremo dopo, che siamo contrari a ogni forma di accanimento terapeutico e vogliamo che anche idratazione e alimentazione siano sospese nel momento in cui sono inutili, perché il paziente, appunto, è terminale, ma cosa succede – e questa, dicevo, è la nostra preoccupazione – se una persona non è un malato terminale, in un quadro clinico stabilizzato, e le si tolgono idratazione e alimentazione? La questione è semplice, è una evidenza: l’evidenza è che muore non per la malattia, ma per fame e per sete.

Da qui, il nostro emendamento, che vi invito – come ho fatto ieri – a guardare, a prendere in mano e leggerne il testo. Nel nostro emendamento, dopo avere tolto le parole: “incluse la nutrizione e l’idratazione artificiali”, noi aggiungiamo un comma 5-bis, ove diciamo: “È vietata la sospensione di idratazione artificiale qualora comporti la morte per disidratazione ed è vietata la sospensione dell’alimentazione artificiale qualora comporti la morte per denutrizione”.

Allora su questo punto io vi invito a riflettere nuovamente, guardando il testo e non il pretesto. Non guardate il proponente, non guardate Palmieri, guardate la proposta di Palmieri: se la proposta è ragionevole, votatela, se non lo è, non votatela, ma la preghiera che io rivolgo a me stesso e a tutti noi è quella, appunto, di guardare il testo e di tenere conto delle cose che ho detto, cioè l’equivoco, a mio avviso, tra fine e strumento, e l’evidenza che consegue alla sospensione del trattamento per persone che hanno un quadro clinico stabilizzato. È ovvia la conseguenza: oltre alla morte per fame e per sete del paziente, della persona, è chiaro che, nel momento in cui la persona chiede di togliere, diventa suicidio assistito, che è l’altra nostra preoccupazione.

Allora, dentro questo quadro ci muoviamo noi, dentro questa prospettiva di attenzione e di cura della persona più debole e dentro l’assoluto rispetto della volontà di tutti. Lo ridiremo fino alla noia: non c’è il derby tra chi vuole imporre niente a nessuno, non c’è nessuna intenzione di costringere nessuno a sottoporsi ad alcun trattamento, è già possibile farlo oggi e sarà possibile farlo dopo l’approvazione di questa norma.

Siamo contro l’accanimento terapeutico per i malati in fin di vita, ma siamo accanitamente per l’attenzione per le persone più deboli, per coloro che in questo caso non sono in grado di nutrirsi e alimentarsi da soli. Questa cosa io la troverei, passatemelo, totalmente di sinistra, perché che cos’è la sinistra, se non l’attenzione verso il più debole? E a che cosa serve la legge, se non a tutelare i più deboli, dato che i più forti notoriamente si tutelano da soli?

Chiudo, Presidente, e invito veramente a guardare il testo dell’emendamento e a guardare, ciascuna collega e ciascun collega, dentro se stessi e la realtà che umilmente sottoponiamo alla vostra attenzione.


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