L’essere umano è sempre lo stesso, anche online
Il mio intervento alla presentazione del libro di Matteo Grandi, “Far Web”.
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Il mio intervento alla presentazione del libro di Matteo Grandi, “Far Web”.
Gentile Presidente, caro Presidente Gentiloni, io personalmente per la stima che mi lega a lei da molti anni, ma noi, come gruppo, le facciamo i più sinceri auguri, per l’appuntamento che l’attende e attende, tramite lei, l’Italia, da qui a pochi giorni, in Europa. Le facciamo i più sinceri auguri, perché noi siamo abituati a fare il tifo per l’Italia, a differenza di quanto ci è successo quando noi rappresentavamo l’Italia in Europa e il suo partito era all’opposizione.
Le facciamo i più sinceri auguri, perché lei, tra pochi giorni, andrà in Europa al Consiglio, vestendo la maglia azzurra, non la maglia azzurra di Forza Italia – lo dico per coloro i quali teorizzano costantemente l’inciucio -, ma la maglia azzurra dell’Italia. E, in questo senso e in questa direzione, è d’obbligo per noi fare il tifo, perché lei porti a casa il maggior numero di risultati possibile.
Ma il tifo e la simpatia non ci rendono meno critici e non ci accecano – vedo che lei è impegnato con il Ministro degli esteri in un’accanita discussione, che spero sia proficua per il Consiglio d’Europa e non riguardi, magari, contingenze più immediate – ma, come le dicevo, il tifo e la simpatia nei suoi confronti non ci rendono meno critici.
Lei ha fatto, sul tema dell’immigrazione, un discorso fotocopia. Avremmo potuto prendere gli interventi di Enrico Letta, di Matteo Renzi, anche qualche suo intervento precedente e avremmo trovato più o meno le stesse parole, gli stessi accenti, le stesse aspirazioni. Ma la realtà, purtroppo, rimane anche quella immutabile, per cui lei dovrebbe andare in Europa, forte di un antico slogan del Carosello, che richiedeva “fatti, non parole”, e chiedere, per esempio, che agli ultimi incontri di La Valletta e al summit di Parigi del 28 agosto corrispondano adesso effettivamente iniziative concrete.
Infatti, se è vero che l’Italia ha salvato l’onore dell’Europa, è altrettanto vero che l’Europa ha scaricato tutti gli oneri sull’Italia e questo non è più accettabile per l’Italia e per la stessa situazione e per quel contenimento e regolazione dell’immigrazione, cui lei ha fatto riferimento, come uno dei nostri obiettivi come Paese.
Noi siamo lasciati soli ad affrontare, con strumenti locali, problemi globali. È una condizione che non può più andare avanti. Il suo stesso Governo, curiosamente, ha cambiato rotta, da poche settimane e pochi mesi. E la domanda che ci chiediamo noi è: perché non l’avete fatto prima? Perché i Governi di questa legislatura non lo hanno fatto prima e non hanno messo in campo prima quelle misure, che voi avete attuato con un contenimento estivo degli arrivi, che adesso, però, riprendono da un’altra rotta e ci rimettono in una condizione di emergenza?
Quindi, veramente l’accoglienza, senza limiti e senza regole, non è più sostenibile, pena la lacerazione definitiva del tessuto del Paese, pericolo dal quale vi ha messo in guardia proprio il Ministro Minniti, poche settimane fa.
Il secondo punto, che lei ha citato, riguarda l’economia digitale e l’Europa digitale. Qui sgombriamo il terreno da due equivoci di fondo. È evidente che la distinzione tra reale e virtuale non ha più ragione d’essere e, purtroppo, in gran parte della classe dirigente italiana, sia essa politica, industriale e anche culturale, questa distinzione invece permane. Siamo nell’era digitale, questo è un dato di realtà, e la rivoluzione digitale è un anacronismo. Noi dobbiamo attrezzarci per un’evoluzione digitale, cioè per il fatto di portare quotidianamente avanti quegli obiettivi, che sono indicati nell’agenda dei lavori, che riguardano la cyber-sicurezza, l’e-government, le infrastrutture, la ricerca e le competenze digitali.
Web tax: nel nostro Paese se ne parla da tanti anni. Il suo partito ha fatto stop and go su questo versante, ad opera del suo segretario. Noi abbiamo sempre sostenuto la necessità di agire, non da soli, con provvedimenti improvvisati, ma in un concerto europeo. Lei adesso, con gli altri tre grandi – definiamoli così – dell’Unione europea, avete stabilito di volervi muovere, non ho capito bene se attendendo la Commissione europea – che ha procrastinato al 2018 un’azione – o se andando sulla linea di quella cooperazione rafforzata, che lei stesso ha auspicato poche settimane fa e che, com’è noto, non richiede l’unità di tutti i 27 membri. Questo è uno dei nodi da sciogliere.
Al riguardo le segnalo che noi abbiamo una via italiana, che non è quella misura che avete approvato in primavera, la cui messa in opera è oggetto di controversie e di cui vedremo effettivamente i risultati nel tempo. Ma abbiamo quei due precedenti, di fine 2015 e di maggio 2017, cioè gli accordi che la nostra Agenzia delle entrate ha fatto con Apple e a primavera con Google, che hanno portato a casa complessivamente 324 milioni di incasso per il nostro erario, oltre a stabilire delle buoni prassi, per così dire, bilaterali con questi due giganti del web. Questa è una via da perseguire, credo, anche in attesa che il resto dell’Europa e del mondo si muova.
Vengo al fuori sacco, cioè noi e l’Europa, tema su quale lei si è molto intrattenuto, anche in questo caso con un intervento fotocopia. Lei ha parlato di confronto tra posizioni diverse, ha parlato di essere forti delle nostre determinazioni, ma le determinazioni nostre, a cui lei ha fatto riferimento, non sono forti: sono deboli. Sono deboli perché non vanno al cuore del problema. Sono deboli perché, ancora una volta, si mettono a rimorchio della vecchia e ormai stantia locomotiva. Parlare di locomotiva al Presidente del Consiglio, espressione del Partito Democratico in queste ore, evoca, per così dire, altri treni (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente), a rimorchio di una locomotiva franco-tedesca, che ha costantemente portato l’Europa a sbattere, l’Europa e in particolare l’Italia.
Il Presidente Macron ha espresso in ultimo il suo intervento alla Sorbona: alti concetti, ma la realtà, la messa in pratica parla del suo tentativo costante di inserirsi nel nostro rapporto privilegiato con la Libia, che è un rapporto storico, ai danni nuovamente dell’Italia. E su questo noi siamo silenti.
Così come il Ministro delle finanze, cito il presidente del mio gruppo, Renato Brunetta, e un recente suo articolo pubblicato su Il Foglio, a inizio di questo mese: noi non vogliamo un Ministro delle finanze che sia l’espressione dell’asse franco-tedesco (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente) e che, come la maestrina con la bacchetta, metta dietro l’angolo i più deboli, a scapito di chi, in realtà, avrebbe bisogno di più Europa davvero, non di quell’Europa lì, ma di quella che considera che siamo tutti membri di una stessa comunità.
Allora, noi non vogliamo il Ministro delle finanze: vogliamo il Ministro dello sviluppo. Vogliamo un Ministro dello sviluppo europeo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente), che, per esempio, metta mano ai 375 miliardi, che giacciono nel Fondo salva-Stati, e lo tramuti in un fondo per aiutare le iniziative dei singoli Paesi per lo sviluppo.
Lei ha fatto riferimento all’inizio al tasso di crescita del 2 per cento dell’area Euro, sì, ma non è il tasso di crescita dell’Italia, che è ancora lontano da questo punto e sappiamo tutti che serve almeno il 2 per cento di sviluppo per rimettere in moto il mercato occupazionale.
Chiudo, Presidente, chiudo. Come ho detto, noi facciamo sinceramente il tifo per lei, perché lei veste la maglia azzurra, in questo giorno poi lei è veramente simile al commissario tecnico Ventura: Ventura dovrà affrontare gli spareggi, per andare ai Mondiali, di qui a poche settimane, lei è chiamato, per sua stessa ammissione, ad affrontare gli spareggi con l’Europa per un dentro o fuori, un dentro o fuori sulle politiche digitali, un dentro o fuori sulle politiche dell’immigrazione.
Chiudo, su Dublino, perché siamo un po’ stufi di sentirci sempre rinfacciare Dublino. Dublino è del 2010: c’era un altro mondo, avevamo chiuso la rotta con l’Albania, avevamo chiuso la rotta che veniva dalla Libia, non c’erano state le cosiddette primavere arabe e non c’era la guerra in Siria. Di che cosa parliamo.
Appartiene a un mondo che non esiste più. In questo mondo lei ha il dovere e l’obbligo, per l’Italia, di portarci a testa alta in Europa e di portare a casa soprattutto, finalmente, risultati e non generici impegni e pacche sulle spalle.
Grazie, gentile Presidente, Ministro Franceschini, Forza Italia voterà convintamente a favore di questo provvedimento. Lo facciamo perché ci sono due modi di intendere la memoria: uno che ha a che fare con il passato, uno che ha a che fare con il presente; una memoria che è un luogo polveroso di cose antiche che non riguardano la vita di oggi, la vita attuale della persona e di un popolo, e una memoria che, invece, ha radici nel presente perché riguarda una cosa che è viva e che riguarda me e lei e tutti noi.
Per questo, visto che per la prima volta, una delle poche volte per essere precisi, ci muoviamo per tempo, anticipando e non seguendo gli anniversari, e con la speranza appunto che il tempo che abbiamo a disposizione sia ben utilizzato, noi voteremo convintamente a favore e convintamente a favore anche per due altri motivi: il primo, perché è necessario far conoscere, non solo alle nostre nuove generazioni, ma a tutti quanti in realtà, questi tre straordinari personaggi, ma soprattutto come momento di vera accoglienza per coloro che da altri Paesi del mondo vengono in Italia per ritrovare una nuova vita, una nuova occasione per sé e per i propri cari.
Si parla di nuovi italiani; sulla novità non c’è alcun dubbio, sul fatto di aiutarci tutti a essere italiani, l’occasione è data anche da questa iniziativa di ricordare tre straordinari personaggi della scienza e dell’arte. È un’occasione importante per aiutare quella costruzione.
L’altro è – visto che stiamo vivendo un’era totalmente appiattita sul presente, totalmente appiattita sulla reattività, sull’istante, sull’emozione – nuovamente il fatto di andare a ripercorrere, a riprendere le radici dalle quali noi discendiamo, è un fatto di assoluto valore per chiunque sia al Governo oggi e nella prossima legislatura.
Ministro, i tre personaggi, Leonardo, Raffaello e Dante, sono stati tre innovatori nei loro settori: Leonardo per la sua parte, con l’aspetto che riguarda la scienza, le macchine e costruire macchine che siano a favore dell’uomo e non contro l’uomo; Raffaello nella pittura, nell’architettura e Dante.
Io vorrei soffermarmi un istante su Dante, prendendo spunto da un libro che consiglio di leggere alle colleghe e colleghi, che si intitola In cammino con Dante ed è stato scritto da Franco Nembrini, nel quale l’autore dice con chiarezza che il tema della Commedia non è una cosa astratta, lontana come, purtroppo, siamo stati spesso abituati a viverla nelle presentazione nelle istituzioni scolastiche, ma il tema della Commedia riguarda la vita su questa terra. Cito Nembrini: “Dante non fa niente altro che descrivere un’esperienza ultraterrena, mentre in realtà descrive la terra, la vita sulla terra, la vita sulla terra vista dal punto di vista di Dio, il che vuol dire della sua origine, del suo destino, del suo senso ultimo, della sua verità. Il tema della Divina Commedia è la vita terrena nella sua verità. Se è così, vuol dire che ciascuno di noi è in qualche modo tutto quel che Dante racconta, ciascuno di noi è Inferno, Purgatorio e Paradiso e non in successione, ma sempre”.
Ho citato questa parte dell’introduzione del libro di Nembrini per portare la riflessione su un ultimo e decisivo punto. Credo che la rappresentazione e la memoria, nel senso di questa vita nel presente, di questi tre personaggi non debba però essere vittima di alcuna censura del politicamente corretto, cioè a dire, specie per quanto riguarda Dante, per quanto riguarda Raffaello, l’evidente ispirazione religiosa, religiosa cattolica, non debba essere sottaciuta per timore di offendere qualcuno o, peggio ancora, per vergogna delle nostre radici come popolo e come comunità.
Quindi, con questo auspicio confermo il voto favorevole di Forza Italia e rinnovo l’auspicio che, visto che partiamo nel tempo e per tempo, si possa usare questo tempo che ci è dato nel modo adeguato. Grazie.
La storia di Forza Italia sui temi etici è una storia di libero confronto al nostro interno, di approfondite discussioni, di decisioni prese comunque insieme dopo aver approfondito la materia e così è stato anche questa volta. Abbiamo fatto molti incontri tra noi, molte riunioni e abbiamo poi alla fine deciso che voteremo contro questo testo, com’è noto e come sempre tuttavia salvaguardando la libertà di coscienza di ciascuno di noi. È sempre stato così per quanto ci riguarda e sempre sarà così come anche si è visto nei nostri voti in Aula a differenza purtroppo di quanto avvenuto nelle file del Partito Democratico dove gli emendamenti migliorativi sono stati a forza ritirati e dove non si è mai visto un voto in dissenso né in Commissione né in Aula. Un punto fondamentale sul quale noi abbiamo insistito nel dibattito sia in Commissione sia in Aula è rifiutare la visione caricaturale che divide coloro i quali sono contro il provvedimento e li mette tra coloro che vogliono la sofferenza a tutti i costi, che sono per l’accanimento terapeutico in un insensato derby che ci avrebbe contrapposto rispetto ai fautori della libertà di scelta e della possibilità che ciascuno possa determinarsi in modo completamente autonomo. Questa è una visione caricaturale che noi rifiutiamo e la rifiutiamo non soltanto a parole ma l’abbiamo rifiutata con i nostri emendamenti, con quelli che abbiamo presentato e con il fatto che non abbiamo presentato alcun emendamento soppressivo che togliesse sia dal consenso informato sia dalle DAT la possibilità che le persone possano esprimere liberamente la propria volontà. Su questo tema non sarebbe stata necessaria una norma per due motivi: il primo che sul fine vita una legge c’è già, data dal 2010, Governo Berlusconi, votata anche dal Partito Democratico ed è una legge che già oggi permette alle persone in stato terminale di porre fine alla propria esistenza senza dover subire alcuna forma di accanimento terapeutico così come c’è già una normativa e una prassi sul consenso informato che consente a ciascuno di rifiutare o accettare indagini sanitarie o trattamenti.
Per un altro motivo non sarebbe stata necessaria una norma, perché a nostro giudizio lo Stato non doveva andare oltre, si doveva fermare in quella zona complicata e complessa che segna il discrimine tra la vita e la morte e fare un passo indietro di rispetto, lasciando lì, nuovamente alla libera espressione di quell’alleanza terapeutica tra medico, familiari e pazienti, che noi proponiamo, che lì avvenisse e, appunto, si compisse quello che era giusto che si compisse. Come tutti avete detto, la morte è parte della vita.
Noi, come abbiamo detto, voteremo contro il provvedimento e lo facciamo su tre punti dirimenti, sui quali abbiamo lungamente dibattuto: il primo riguarda idratazione e alimentazione. Come abbiamo detto più volte – voi li avete definiti trattamenti sanitari, confondendo lo strumento con il fine – lo strumento è certamente un atto sanitario e a volte è un atto che richiede un intervento operatorio, ma il fine è tenere in vita le persone che, altrimenti, non sarebbero destinate a morire.
L’ho detto e lo ripeto: non sono in questione i malati terminali, sono in questione le persone che non sono in grado, magari temporaneamente, di nutrirsi da sole e che non hanno una prognosi infausta, né a breve né a medio termine, ma appunto non sono in grado di nutrirsi da sole e, quindi, il fine è tenere in vita la persona; il fine è prendersene cura, prendersene carico globalmente, nella sua integrità e nella sua totalità, e per questo noi abbiamo rifiutato questa visione. Tra l’altro, paradossalmente, avete definito idratazione e alimentazione trattamenti sanitari e, quindi, potrebbero essere anche oggetto di TSO, se qualcuno le chiedesse in certe condizioni.
Il secondo punto è il ruolo del medico, che abbiamo definito essere stato ridotto a un mero esecutore testamentario. Devo dire che in Commissione e poi in Aula ci sono stati tentativi, accolti grazie anche al lavoro della relatrice, di migliorare questa parte. Il risultato finale però è un punto assolutamente ingarbugliato, per il quale abbiamo sentito ieri su un emendamento la relatrice Lenzi dire che era garantita assolutamente la libertà di coscienza da parte del medico di potersi rifiutare e, all’emendamento successivo, il collega Casati, sempre del Partito Democratico, che siede accanto alla relatrice anche in questo momento, dire esattamente la cosa opposta: non c’è alcuna libertà di coscienza. Prendete lo stenografico e vi renderete conto che questo conferma, ancora una volta, come, nel tentativo di rimediare all’errore fatto in origine in Commissione, della riduzione, appunto, del medico a semplice esecutore testamentario, avete finito con l’ingarbugliare drammaticamente la questione, senza ovviamente risolverla.
Il terzo e ultimo punto: le DAT. Voi avete voluto le DAT come un diamante, cioè per sempre. Ora, in questa era tecnologica, nella quale i progressi della scienza non corrono, ma galoppano, pensare che una disposizione data ora per allora, magari a distanza di decenni, sia intangibile e scolpita nella pietra, appunto, come un diamante – per sempre – riteniamo sia anche qui un atto di irrealtà e abbiamo contrapposto emendamenti di sano realismo, che ponevano un termine per noi ragionevole (tre anni), proprio per tenere conto degli enormi progressi scientifici; tre anni alla fine dei quali la persona poteva decidere se mantenere o no la DAT.
Ma la questione fondamentale delle DAT è che, per come le avete concepite voi, si lasciano le persone drammaticamente sole davanti a un foglio bianco, senza la possibilità di ricorrere, come noi vi abbiamo suggerito, al confronto e al conforto di un parere di un medico, in modo tale che quello che viene scritto sia scritto realmente con piena coscienza e in piena libertà, perché la vera libertà ha bisogno di essere informata, ha bisogno e si nutre del fatto di essere consapevole di ciò cui si va incontro, scrivendo alcune cose, voi anche questa possibilità migliorativa l’avete rifiutata; così come avete rifiutato appunto la possibilità di discriminare e di capire l’entrata in vigore delle DAT, ossia di capire che entrano in vigore quando la perdita di coscienza della persona è accertata come definitiva, come permanente, e non, come succede in molte circostanze, temporanea e se, proprio in forza delle conquiste della scienza e della pratica medica, un intervento tempestivo in questi casi potrebbe risolvere non solo nel senso di salvare la vita, ma anche di restituire alla vita e alla piena funzionalità una persona che fosse colpita da un evento di malattia, che lo rendesse appunto temporaneamente incapace di prendere decisioni e di avere coscienza. Anche su questo avete detto no.
Vedete, noi siamo consapevoli che questo tema è un tema complicato, ci siamo approcciati con un approccio io credo di grande appunto realismo, abbiamo costantemente invitato in Aula tutti a non guardare il proponente, a guardare le proposte, a non giudicare la fede, perché non eravamo all’ora di catechismo, ma a giudicare il merito e la ragionevolezza delle proposte emendative, perché volevamo sinceramente migliorare la legge, una legge che purtroppo, al di là della buona fede di molti di coloro che la sostengono, porta in sé i tratti dell’eutanasia omissiva e del suicidio assistito, proprio per quel motivo che dicevo prima a proposito della questione di idratazione e alimentazione e, come noi abbiamo detto in un nostro emendamento, che rileggo per l’ultima volta, quando chiedevamo che fosse vietata la sospensione di idratazione artificiale qualora comporti la morte per disidratazione: “è vietata la sospensione di alimentazione artificiale qualora comportasse la morte per denutrizione”, cioè a dire non vogliamo condannare nessuno a morire di fame e di sete.
Questa è una delle tre questioni fondamentali che ci portano appunto a votare contro. È evidente che ogni legge traduce e tradisce una visione di essere umano e di società, soprattutto leggi di questa natura. Noi rifiutiamo la visione per la quale ci sono vite degne di essere vissute e altre che non lo sono, perché sono segnate dalla malattia e dalla sofferenza e dunque è meglio che in qualche modo siano messe da parte e siano terminate. Inguaribile – l’abbiamo già detto e lo ripetiamo – è cosa ben diversa da incurabile. Noi ci inseriamo in quella tradizione che, da Ippocrate in poi, considera la sofferenza e la malattia parte piena della vita e non una maledizione divina. Ippocrate fu il primo a sancire questo principio e da allora noi ci atteniamo a questo principio, che è stato poi inverato nella nostra tradizione e nella nostra civiltà dal Cristianesimo.
Noi siamo su questa linea qui e per questo appunto, come ho detto, voteremo contro il provvedimento.
Chiudo ringraziando il presidente del mio gruppo e il mio gruppo intero, che mi ha e ci ha sostenuto in questi mesi, ringraziando i colleghi che hanno condiviso una battaglia che non è stata di ostruzionismo, ma di sincero tentativo di migliorare il testo e anche le colleghe e i colleghi che non hanno condiviso il lavoro con noi, a partire dalla relatrice e dal presidente Marazziti, che abbiamo tenuto non a perdere tempo, ma a prendere tempo per fare il testo migliore possibile. Così non è stato e per questo votiamo contro.
Questo emendamento è un emendamento che involontariamente, nel senso che quando l’abbiamo proposto non pensavamo che sarebbe servito a ciò, serve anche a tranquillizzare il mio amico Corsaro, e il mio amico Capezzone, e accanto a loro anche diverse colleghe e colleghi che in questi giorni e in questi mesi ci hanno accusato di essere i sostenitori della terapia del dolore e della pratica del dolore insensato e assoluto ai danni degli altri.
Invito nuovamente a leggere il testo il testo che dice: in caso di paziente in fine di vita o in condizioni di morte prevista come imminente, il medico deve astenersi – il medico deve astenersi! – da trattamenti straordinari non proporzionati rispetto alle condizioni cliniche del paziente e da ogni forma di accanimento terapeutico. Allora, io credo che più chiaro di così sia difficile scrivere e descrivere la nostra posizione e questa posizione fa il paio con il fatto che noi non abbiamo proposto alcun emendamento soppressivo al primo comma, al primo paragrafo del comma 5, che recita: ogni persona maggiorenne capace di intendere e volere ha il diritto di rifiutare in tutto o in parte qualsiasi accertamento diagnostico o trattamento sanitario indicato dal medico per la sua patologia o singoli atti del trattamento stesso. Il combinato disposto di non aver presentato alcun emendamento soppressivo a questo punto, al primo paragrafo del comma 5, quindi di volere sancire assolutamente la libertà di scelta da parte di tutti, unito a questo emendamento che dice “no accanimento terapeutico”, “no sproporzione delle cure”, indica con chiarezza la nostra volontà.
Nuovamente mi sorprendo del fatto che non lo si possa accogliere favorevolmente. Mi stupisco del fatto che nessuno, a parte noi, se lo voterà, se continuiamo con lo stesso andazzo tenuto fin qui. Per questo vi invito nuovamente: colleghe e colleghi, guardate, leggete il testo. Io confido nel voto favorevole su questo punto da parte dal già citato amico Massimo Corsaro, perché se si legge questo testo non vedo realmente chi possa essere contro.
Questo è l’emendamento ex Bazoli, che ieri il collega ha ritirato e che noi abbiamo ritenuto di fare nostro, perché è esattamente complementare al nostro emendamento sul quale prima ci siamo lungamente intrattenuti, ed è proprio l’altra faccia della luna rispetto a quella preoccupazione che io adesso ripeto, per l’ennesima volta, perché ostinatamente sono convinto che dobbiamo continuare ad ascoltarci, e quindi il punto è, rispetto ad alimentazione e idratazione, certamente, come è stato detto – io ascolto tutti gli interventi -, ogni terapia è uno strumento. Certo che alimentazione e idratazione somministrata con quella strumentazione è un elemento di quel tipo lì. E, appunto, ogni terapia è uno strumento, ma il fine è la vita e la salute del paziente, così come, in questo caso, il fine dell’uso di quegli strumenti è tenere in vita un paziente, ripeto, non in fin di vita, ma che non può alimentarsi e nutrirsi da solo.
E l’ho detto ancora prima e lo ripeto: tutti gli alimenti che noi gustiamo, compresi quelli che gusteremo, speriamo, tra poco, alla fine di questa seduta mattutina, hanno un gusto e un sapore, ma poi diventano un’altra cosa, perché vengono trattati chimicamente dal nostro corpo, scissi e scomposti in elementi che ci aiutano a essere idratati o a essere alimentati. Questa è una evidenza; a me non interessa, quindi, a noi non interessa il dibattito che anche per noi è stucchevole: sono cure, non sono cure. Non è questo il punto; il punto è la finalità alla quale servono per un paziente con un quadro clinico stabile e non in fin di vita, oltre e contro ogni accanimento terapeutico, oltre e contro ogni limitazione della libertà della persona di scegliere per sé quale tipo di cura avere o non avere. Non è questo. Oltre e contro ogni sofferenza, come ho già detto e continuerò a ripetere fino alla fine, perché non è questo il punto, non c’è il derby tra chi è per la sofferenza e chi vuole imporre, in nome di un catechismo arcaico che non esiste più, la sofferenza come espiazione dei peccati.
Non è questo il punto. Il punto è, e l’ho detto prima, non giudichiamo le fedi, giudichiamo la ragionevolezza degli argomenti, giudichiamo il testo. E veniamo al testo dell’ex Bazoli, che dice di sostituire le parole: “incluse la nutrizione e l’idratazione artificiali con le seguenti” – vi invito a prestare attenzione -: “Gli atti finalizzati a garantire l’assunzione di cibo o bevande al paziente che non li possa assumere in modo autonomo possono essere interrotti quando non risultino più in grado di procurare l’idratazione e il nutrimento del paziente o risultino comunque non più proporzionati”.
Per questo dicevo che è esattamente l’altra faccia della medaglia, perché dice “no” all’accanimento – “no” all’accanimento! “no” all’accanimento! -: questo è il contenuto dell’emendamento Bazoli, sul quale noi vi invitiamo a votare e usiamo lo strumento del voto segreto come un aiuto e un invito a uscire da una timidezza per la quale io ieri sera ho rimproverato le colleghe e i colleghi del Partito Democratico. Di questo voglio chiedere scusa a loro, perché l’ho fatto vittima di stanchezza e di troppa adrenalina, perché vanno rispettate tutte le posizioni e questa è stata certamente una forzatura, tant’è che poi, quando sono uscito dall’Aula, una, per me, stimata collega della sinistra mi ha detto: “non sei credibile”. Allora io ho riflettuto nel mio esame di coscienza serale su questa affermazione – “non sei credibile, Antonio” mi ha detto – e io dico: può anche essere, il mio sforzo è semplicemente quello di essere autentico. Quindi sono autentiche le mie scuse, ma altrettanto autentico è l’invito a guardare il testo dell’ex emendamento Bazoli. Leggete il testo, è corto, ci mettiamo quindici secondi, il tempo di aprire la votazione, e vedete di cosa si tratta. Si tratta esattamente di quello che la collega Gregori, il collega Sannicandro, il collega Melilla col suo poetico intervento, hanno chiesto, quello di cui parla Burtone, quello di cui parlava anche Corsaro, quindi è veramente un invito alla logica quello che vi faccio e a usare il metodo di guardare la realtà in tutti i suoi fattori, spostando il punto di vista rispetto alla posizione che occupiamo in Aula, ma essendo aderenti al testo. Grazie.
Vorrei introdurre un elemento nuovo nella nostra discussione, perché, a differenza del collega Sannicandro, sono fermamente convinto, come ho già detto più volte, che, se abbiamo la pazienza di ascoltarci, possiamo, insieme, tutti quanti, migliorare questo testo.
L’elemento di novità, di cui il nostro emendamento è portatore, consente secondo me di sciogliere un equivoco. Noi ci stiamo dividendo, da ieri e da mesi, sul tema dell’idratazione e dell’alimentazione artificiali, perché c’è un equivoco, a mio avviso, di fondo: per una parte di noi, non sono trattamenti sanitari, per alcuni, sono trattamenti sanitari.
La questione, a mio avviso, è che confondiamo lo strumento con il fine. Mi spiego, anch’io da paziente, come Sannicandro; sono trattamenti sanitari nel momento in cui per praticarli, come molte volte la collega Amato e il collega Burtone ci hanno ricordato, serve un intervento medico, un intervento anche in senso stretto, magari per applicare una PEG, però questo intervento è lo strumento; il fine è dare al paziente, che altrimenti non può nutrirsi, cibo e acqua, certamente in una forma non “elementare”, come avviene a ciascuno di noi che può nutrirsi normalmente, ma noi, attraverso il cibo che assumiamo, normalmente assumiamo dei componenti dal cibo stesso che viene poi frantumato, per così dire, dal nostro apparato digerente.
Per chi non può alimentarsi da solo questo avviene attraverso i prodotti che vengono forniti dall’industria farmaceutica. Ma la finalità è la stessa.
Allora, dentro questo equivoco sta il secondo passo in avanti e vengo al nostro emendamento. La nostra preoccupazione è: fermo restando che per i pazienti in fine vita abbiamo già detto, con emendamenti, e lo ridiremo dopo, che siamo contrari a ogni forma di accanimento terapeutico e vogliamo che anche idratazione e alimentazione siano sospese nel momento in cui sono inutili, perché il paziente, appunto, è terminale, ma cosa succede – e questa, dicevo, è la nostra preoccupazione – se una persona non è un malato terminale, in un quadro clinico stabilizzato, e le si tolgono idratazione e alimentazione? La questione è semplice, è una evidenza: l’evidenza è che muore non per la malattia, ma per fame e per sete.
Da qui, il nostro emendamento, che vi invito – come ho fatto ieri – a guardare, a prendere in mano e leggerne il testo. Nel nostro emendamento, dopo avere tolto le parole: “incluse la nutrizione e l’idratazione artificiali”, noi aggiungiamo un comma 5-bis, ove diciamo: “È vietata la sospensione di idratazione artificiale qualora comporti la morte per disidratazione ed è vietata la sospensione dell’alimentazione artificiale qualora comporti la morte per denutrizione”.
Allora su questo punto io vi invito a riflettere nuovamente, guardando il testo e non il pretesto. Non guardate il proponente, non guardate Palmieri, guardate la proposta di Palmieri: se la proposta è ragionevole, votatela, se non lo è, non votatela, ma la preghiera che io rivolgo a me stesso e a tutti noi è quella, appunto, di guardare il testo e di tenere conto delle cose che ho detto, cioè l’equivoco, a mio avviso, tra fine e strumento, e l’evidenza che consegue alla sospensione del trattamento per persone che hanno un quadro clinico stabilizzato. È ovvia la conseguenza: oltre alla morte per fame e per sete del paziente, della persona, è chiaro che, nel momento in cui la persona chiede di togliere, diventa suicidio assistito, che è l’altra nostra preoccupazione.
Allora, dentro questo quadro ci muoviamo noi, dentro questa prospettiva di attenzione e di cura della persona più debole e dentro l’assoluto rispetto della volontà di tutti. Lo ridiremo fino alla noia: non c’è il derby tra chi vuole imporre niente a nessuno, non c’è nessuna intenzione di costringere nessuno a sottoporsi ad alcun trattamento, è già possibile farlo oggi e sarà possibile farlo dopo l’approvazione di questa norma.
Siamo contro l’accanimento terapeutico per i malati in fin di vita, ma siamo accanitamente per l’attenzione per le persone più deboli, per coloro che in questo caso non sono in grado di nutrirsi e alimentarsi da soli. Questa cosa io la troverei, passatemelo, totalmente di sinistra, perché che cos’è la sinistra, se non l’attenzione verso il più debole? E a che cosa serve la legge, se non a tutelare i più deboli, dato che i più forti notoriamente si tutelano da soli?
Chiudo, Presidente, e invito veramente a guardare il testo dell’emendamento e a guardare, ciascuna collega e ciascun collega, dentro se stessi e la realtà che umilmente sottoponiamo alla vostra attenzione.
E’ un peccato arrivare alle parti salienti del provvedimento alle 21 della sera, quindi con inevitabile stanchezza di tutto e di tutti, però, da qui in avanti, c’è una serie di emendamenti con i quali noi tentiamo di offrire una soluzione equilibrata per uscire dall’impasse, soprattutto su questo articolo 1 che, ricordo a tutti, riguarda il consenso informato, dall’impasse dovuta alla diatriba su alimentazione e idratazione, i quali, come emerso dal dibattito, sono usati inevitabilmente, in questo punto, come un marcatore ideologico, per marcare un recinto, una porzione di territorio.
Allora, è già stato detto ma è opportuno ribadirlo, visto appunto che siamo oramai a fine seduta, credo che tra pochi minuti finiremo i nostri lavori, che non è nostra intenzione e nuovamente la lettura di questo emendamento lo specifica e vi leggo solamente la parte finale: “L’interruzione di trattamenti terapeutici in atto può avvenire ove gli stessi si manifestino non più proporzionati, anche tenendo conto di quanto espresso dal paziente”. Cioè andare nella direzione di questa alleanza terapeutica senza la pretesa di imporre alcunché a nessuno, senza ovviamente la costrizione, da parte di nessuno, di accettare preventivamente un trattamento, senza la necessità di dividerci, perché qui non c’è un derby; io ho sentito tanti interventi anche da persone che stimo e che ritengo amiche, qui, è giusto ribadirlo, non c’è il derby tra coloro i quali vogliono obbligare la gente a curarsi e quelli che invece non vogliono rispettare la libertà delle persone.
Siamo tutti assolutamente dalla parte della libertà delle persone specialmente delle persone malate; non c’è nessun tipo di derby tra chi è a favore della sofferenza a tutti i costi in nome di non si capisce bene quale fede, contrapposti a coloro i quali invece, animati da pietas umana, sono a favore della libera determinazione delle persone e ci mancherebbe altro che non fosse così; l’ho già detto in discussione sulle linee generali, vi è un’evidenza sulla quale spero nessuno possa dire nulla ossia che nessuno di noi si è dato la vita da solo ma, al tempo stesso, questa evidenza sta insieme al fatto che ciascuno è responsabile di come usa questo dono che gli è stato dato e che ha ricevuto, nonostante lui.
Allora, in questo contesto si colloca questo emendamento e, in questo contesto, io invito, e lo farò ancora con i successivi emendamenti, a riconsiderare, da parte della relatrice, i propri pareri, a riconsiderare, da parte di tutti i componenti delle forze politiche, le proprie opinioni, guardando e lo dico e lo dirò fino alla fine del provvedimento, il testo, guardando quello che è scritto, perché noi ci inseriamo dentro quella cultura occidentale che, da Ippocrate in poi, ha considerato il malato, la persona in difficoltà, nel segno della solidarietà, nel segno dello “stare accanto”.
Prima di Ippocrate la malattia era considerata una sventura e il malato uno sventurato, un paria della società; con Ippocrate, per la prima volta, la natura rientra a far parte degli avvenimenti della vita umana e, come tale, accettato e ricompreso dentro appunto un atteggiamento di cura e la differenza sta non tanto con riferimento – lo vedremo ancora più avanti – alle persone che sono malati terminali e su questi abbiamo emendamenti specifici che mostrano come noi siamo assolutamente contrari all’accanimento terapeutico, la differenza vera e chiudo sta tra “inguaribile” e “incurabile”.
Ci sono malattie che non sono guaribili, ma tutte le persone sono curabili cioè a dire rispetto a tutte le persone, a prescindere dalla condizione nella quale sono, si può e si deve avere uno sguardo, quello sì, vero, di compassione e di autentica pietà e di autentica condivisione. Per questo invito, su questo emendamento e sui successivi che ci vedranno protagonisti domani a modificare il proprio parere e a votare favorevolmente