Una Finanziaria normale in un tempo anormale

Intervento in Commissione durante la discussione sulla legge finanziaria per il 2002
del 27 novembre 2001

Il mio intervento si articolerà in due parti. Nella prima presenterò alcune considerazioni riguardanti la finanziaria. Nella seconda presenterò una breve riflessione che mi sembra utile puntualizzare dopo aver letto e ascoltato gli interventi degli esponenti dell’opposizione, che ringrazio perché mi hanno consentito di distinguere ancora una volta la diversità tra la nostra e la vostra impostazione culturale e quindi politica.

1. LA FINANZIARIA.

Per valutare come si deve le misure della finanziaria che riguardano le competenze della nostra commissione occorre valutare in quale contesto esse si collocano:

La finanziaria che il governo Berlusconi ha presentato non è quella che avevamo immaginato di fare: volevamo fare ben di più, e lo avremmo fatto se due circostanze eccezionali, l’extra deficit di 26.000 miliardi che abbiamo ereditato dal governo precedente e i fatti dell’11 settembre, non ci avessero costretto a varare una “finanziaria normale in tempi anormali” e non la finanziaria di svolta che avevamo previsto di poter mettere in campo.

L’opposizione ha maltrattato le misure della finanziaria che riguardano le competenze della nostra commissione nello stesso modo in cui il sottosegretario Aprea ha considerato nel suo intervento le finanziarie dei governi dell’Ulivo. Ma c’è una differenza fondamentale: noi oggi ci troviamo ad esaminare la prima finanziaria di questa legislatura mentre il sottosegretario Aprea ha, con ragione, demolito quanto fatto dai governi precedenti perché ha potuto prendere in esame una serie storica di ben 5 finanziarie e ha potuto valutare la distanza tra previsioni e realizzazioni, tra promesse e realtà.

Peraltro il Ministero e il Governo non hanno atteso le misure previste nella finanziaria per iniziare la necessaria opera di cambiamento, con decise e innovative azioni di governo. In primo luogo stiamo rispettando pienamente il Piano di governo presentato agli elettori, che prevedeva la sospensione immediata della riforma dei cicli scolastici e la messa a punto, entro il secondo anno di governo, di un nuovo progetto di riforma del sistema educativo nazionale, pensato, attuato e verificato assieme a chi nella scuola vive e lavora: gli insegnanti, le famiglie, gli studenti.
Assieme ai preparativi necessari per realizzare nuovo progetto di riforma, il Ministero ha messo in atto una serie di iniziative che pongono le basi del cambiamento del sistema scolastico italiano.

Ne cito alcune:
– l’innovativo uso dell’e-learning e di Internet per la formazione in servizio e per la didattica per i 60.000 professori assunti nella scorsa estate;
– l’istituzione della commissione di studio per la stesura del codice unico per la scuola, per sfoltire gli oltre 10.000 dispositivi normativi in vigore e sollevare il corpo docente dalla maggior parte delle incombenze amministrative che (per l’appunto) incombono sul loro vero lavoro: insegnare (per la precisione 3241 ‘ su 10.000 – di questi dispositivi sono stati emessi durante i governi dell’Ulivo);
– l’istituzione della commissione di lavoro sulla deontologia del personale docente, presupposto fondamentale per la creazione di un vero ordine professionale degli insegnanti;
– l’istituzione della commissione per l’applicazione della legge sulla parità tra scuola statale e scuola non statale, per risolvere le tante questioni che ancora oggi limitano la libertà di scelta della famiglie tra sistema statale e sistema privato;
– l’avvio di un progetto pilota per la valutazione della scuola italiana, prima tappa per la messa a punto di un sistema di valutazione nazionale utile e affidabile.

Tutte queste misure rivoluzionano l’impianto della Pubblica Istruzione e mirano a rendere gli insegnanti partecipi della rifondazione e del rilancio del sistema educativo italiano. E sulla centralità dei docenti è impostata la politica di investimenti nella scuola, come mostrano anche gli interventi contenuti nella legge finanziaria. Per la valorizzazione del personale docente sono previste risorse aggiuntive nel 2002 (sia pure contenute causa la situazione finanziaria restrittiva dovuta all’extradeficit e alla guerra al terrorismo), e tutte le economie conseguenti a interventi di riqualificazione della spesa nel 2003 (381,34 milioni di euro) e nel 2004 (726,75 milioni di euro). Come è noto, queste risorse specifiche per la scuola si aggiungono a quelle previste in via generale per i rinnovi contrattuali di tutto il pubblico impiego.
Inoltre, nel rispetto delle disposizioni contrattuali vigenti, si è inoltre consentito il prolungamento dell’orario dei docenti fino ad un massimo di 24 ore ma le ore aggiuntive di lavoro saranno effettuate solo dai docenti disponibili e verranno compensate come lavoro straordinario, secondo quanto previsto dal contratto di comparto.
E’ stato infine previsto il rimborso delle spese sostenute dai docenti per l’aggiornamento professionale: un altro concreto e importante passo per un più completo riconoscimento dell’importanza della funzione e del ruolo di docenti, per i quali il Ministro prevede di introdurre una area contrattuale separata nel prossimo rinnovo di contratto.

In definitiva, dalla finanziaria e da tutte le altre iniziative di governo fin qui intraprese
viene confermata l’impostazione del Ministro Moratti e di tutta la Casa delle Libertà: la non più rimandabile riforma della scuola non può avvenire che con il pieno coinvolgimento dei docenti. E’ cosa ben diversa dal considerare i docenti come degli impiegati o come dei numeri in eccesso, come ci è stato rimproverato dalla minoranza.

2. LA CONCEZIONE DELLO STATO.

La discussione in merito all’art.24 della finanziaria (con il relativo intervento del sottosegretario Sgarbi e l’emendamento a firma del presidente Adornato che chiarirà il reale significato del testo) è stata interessante perché ha fatto emergere ancora una volta con chiarezza la differente concezione dello Stato che divide opposizione e governo.
Ci avete con veemenza ricordato che spetta allo Stato assicurare il diritto di ciascun cittadino ad accrescere le proprie conoscenze per raggiungere il più elevato grado possibile di studi e di conoscenze. Ma – al di là della oggettiva considerazione che oggi grazie alle nuove tecnologie sono accessibili una tale sovrabbondanza di fonti di sapere non statali – da questa insistenza sul ruolo dello Stato ho visto emergere (lo dico con rispetto e non polemicamente) la concezione padronale dello Stato tipica della sinistra.

Da una parte c’è quello che voi chiamate il ‘pubblico’, cioè lo Stato, per definizione buono e giusto; dall’altra vi sono i cittadini e la società, di norma egoisti, sopraffatori dei più deboli, incapaci di pensare altrimenti che in una logica di profitto, profitto che – se si può considerare legittimo dal punto di vista delle leggi al fondo resta sempre moralmente disdicevole.
In base a questa concezione lo Stato è cosa di pochi, di coloro che sono al governo e non è del popolo italiano. Noi invece pensiamo che tutti siamo lo Stato, e che, di conseguenza, ognuno è in grado di agire usando la propria libertà con responsabilità nei confronti degli altri. Riteniamo che si possa agire per sé senza voler necessariamente ledere gli altri, anzi capaci addirittura di sentirsi ed essere responsabili di tutti e di farsi carico delle esigenze altrui. Pensiamo che pubblico, cioè ‘per tutti’ non vuol dire per forza di cose ‘dello Stato’, cioè in realtà dei pochi che sono al potere.

Per questo motivo voi accusate il Ministro di voler privatizzare la scuola e chiamate ‘attacco al carattere pubblico della scuola, al diritto di tutti di avere una istruzione qualificata’ quella che è in realtà ‘solamente’ l’apertura della scuola alla corresponsabilità della società. Vedete come sbilanciamento a favore dei privati quello che in realtà non è altro che un necessario riequilibrio tra presenza dello Stato e azione responsabile della società. Noi non proponiamo la privatizzazione della scuola ma intendiamo far entrare a pieno titolo nel sistema pubblico oltre all’offerta statale di servizi anche un’offerta privata (entrambe dunque regolate dalle autorità governative) sulla quale chiamare a intervenire imprese, cooperative, mondo del no-profit, come già avviene in tutti i paesi a democrazia avanzata, nei quali il sistema pubblico dell’istruzione vede la presenza in campo alla pari di soggetti statali e soggetti privati.
Infatti proprio con il pieno coinvolgimento della società nella gestione dei servizi educativi, si accresce la responsabilità di tutti verso il “bene comune”, mentre oggi accade esattamente l’opposto e i cittadini si sentono sudditi di uno Stato-padrone nei cui confronti di norma si assumono due tipi di atteggiamento: l’inganno o il lamento.

Al tempo stesso non siamo così ingenui da pensare che i furbi e i disonesti cesseranno di esistere e di agire. Siamo ben consapevoli che non esiste il sistema perfetto perché non esiste uomo perfetto: il compito dello Stato è proprio quello di vegliare, intervenire, correggere, se necessario punire. Anche la libertà ha i suoi “inconvenienti” ma essi sono di gran lunga preferibili a quelli dello statalismo. E per quanto ci riguarda essere contro lo statalismo non significa essere contro lo Stato a tantomeno contro la scuola statale. Infatti – come è anche indicato nel Piano di governo presentato agli elettori – la naturale priorità della nostra azione di governo nel campo della scuola è costituita dalla scuola statale, che non va assolutamente dequalificata ma all’opposto rilanciata: questo è ciò che abbiamo cominciato a fare, con la nostra finanziaria e con gli altri interventi che ho menzionato.

Grazie!


Pubblicato

in

da

Tag:

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *