“I trenta minuti che hanno cambiato la Repubblica digitale” di Giorgio Sebastiano

10 febbraio 2015. Segnatevi questa data, uno di quei giorni che andrebbero scolpiti su una stele commemorativa perché quello che è successo ha dell’eccezionale anche per chi vive il Palazzo. Per l’esattezza tutto è durato una trentina di minuti, intorno a un emendamento presentato da Stefano Quintarelli, deputato di Scelta civica, disegnato per modificare l’articolo 177 comma r) del Titolo V della Costituzione con poche ma indispensabili parole utili per consentire al Paese di dotarsi finalmente di quella infrastruttura telematica e informatica da sempre osteggiata dalle mille parrocchie con i mille backyard da costudire gelosamente, forti e vincenti grazie a una interpretazione “talebana” del Titolo V della Costituzione.

Ad oggi l’art. 117  del Titolo V recita “Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:” il comma r) specifica :“pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale; opere dell’ingegno;“.

L’emendamento proposto da Quintarelli lo trasforma così: “pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati, dei processi e delle relative infrastrutture e piattaforme informatiche dell’amministrazione statale, regionale e locale; opere dell’ingegno;“.

Un emendamento che arriva in Aula già sconfitto, visto il parere negativo del Governo, della Commissione e del relatore di minoranza, con Sel che lascia libertà di voto ai suoi deputati. Tanto che il deputato, per evitare strascichi, decide per un doloroso ritiro e prende la parola. Sono le 22:07:
«Signor Presidente (Sereni ndr), membri del Governo, colleghi, per la prima volta prendo la parola in quest’Aula per fare un gesto che dimostra concretamente il mio sostegno al Governo ritirando il mio emendamento. Purtroppo, non sono stato capace, nelle ultime settimane, di spiegarne l’utilità e di convincere dell’importanza, sia di questo, tanto della sua riformulazione semplificata, ovvero l’emendamento 31.708, già ritirato dal collega Coppola. La lettera r) del secondo comma dell’articolo 117 della Costituzione, che prevede una competenza centrale dello Stato nel coordinamento informatico solamente dei dati, nasce in un’epoca di fatto pre-Internet, quando ci si scambiava i dati con stampe, nastri e dischi. Oggi, nel secolo della rete, limitare il coordinamento informatico ai soli dati è come accordarsi su dimensione del pallone e del campo, ma non su come funzionano rimessa laterale e fuorigioco.
 Sono convinto che, in un’epoca in cui Internet rende il mondo un punto, rinunciare al coordinamento informatico equivalga a rinunciare a una leva importante per l’efficacia della macchina amministrativa, anche in termini di riduzione di duplicazioni, sprechi e inefficienze, a beneficio di cittadini e imprese. Non sono riuscito a convincere il Governo di questo indirizzo, dell’opportunità di entrare nel merito dell’articolo 117, almeno in questo comma, ma sono fiducioso che vi possano essere nel prossimo futuro altre occasioni per provvedimenti che vadano nella stessa direzione. Con questo spirito di sostegno concreto all’azione del Governo, ritiro il mio emendamento 31.26»

Fine dei giochi. Né Coppola né Quintarelli riescono a scalfire il muro che si frappone tra l’Italia dei 1000 campanili e il nuovo millennio. Alle 22:09 però la farfalla ha cominciato a sbattere le ali, sotto forma del deputato Antonio Palmieri di Forza italia.

«Signora Presidente, vorrei appunto annunciare all’Aula che io personalmente apprezzo l’intervento del collega Quintarelli che ha dimostrato la sua sensibilità personale e anche politica nel suo primo intervento in quest’Aula e di questo gli va reso atto, perché – lo voglio dire a tutti i colleghi che magari non lo conoscono – Stefano Quintarelli è uno dei padri di Internet nel nostro Paese. Per questo motivo ho chiesto al presidente Brunetta che il mio gruppo facesse proprio questo emendamento, perché, come l’onorevole Quintarelli testé ha detto, è un emendamento che serve, che è veramente utile, perché ci consente di superare quella drammatica frammentazione che impedisce che, nel nostro Paese, finalmente, la tanto auspicata da tutti noi digitalizzazione possa effettivamente avere atto e prendere piede. Da questo punto di vista, noi crediamo che sarebbe importante, e mi rivolgo in questo momento al Governo, accogliere questo emendamento.
  Lo dico al Ministro Boschi e ai sottosegretari presenti; accogliere questo emendamento non modifica l’impianto di riforma della Costituzione, non modifica i contenuti della riforma, non modifica come è fatto il Senato, non modifica i poteri del Premier, è semplicemente una modifica necessaria per il nostro Paese e il funzionamento della pubblica amministrazione, che è uno degli obiettivi che questo Governo – così come anche i nostri governi – ha messo come caposaldo della propria iniziativa e per la quale ci siamo spesi noi con il Ministro Stanca e il Ministro Brunetta, con due codici della pubblica amministrazione digitale, proprio per tentare di superare questi ritardi che ancora ci angustiano. Allora, io veramente mi rivolgo al Governo, perché cambi il proprio parere, accolga l’invito che viene da un deputato della sua maggioranza, accolga l’invito che viene anche da altri parlamentari che fanno parte di Intergruppo Innovazione e che condividono il merito di questo emendamento, che fanno parte di questa maggioranza. È veramente un emendamento di totale sostanza, serve al Paese, serve a tutti. Lo dico per l’ennesima volta, non modifica l’impianto della riforma che state portando avanti, che stiamo portando avanti, nella fatica di questa serata e veramente sarebbe un gesto da parte vostra, non solo di attenzione rispetto ai parlamentari della vostra maggioranza, ma anche di rispetto nei confronti di quello stesso programma che voi dite di voler attuare.
  Quindi, veramente, lo dico per l’ultima volta, mettetevi una mano sulla coscienza digitale, se ce l’avete, perché se realmente volete far fare al nostro Paese quel salto in avanti che da tanti anni, in tanti, stiamo cercando di fargli fare, questa è una gigantesca occasione. Lo avete già fatto accogliendo l’emendamento del collega Coppola sull’inserimento in Costituzione della trasparenza negli atti della pubblica amministrazione, fate anche questo secondo passo. È un passo piccolo, ma veramente importante e decisivo. Fatelo, veramente, è una cosa che serve davvero a tutti. Vi ringrazio – non lo farete e perderete un’occasione – ma vi ringrazio però, perché vedo che mi avete ascoltato in modo compunto e mi avete dato una soddisfazione che condivido con il collega Quintarelli che meritava una migliore sorte per il suo emendamento»

Non sapremo mai cosa sia effettivamente successo, quali siano le frasi o i toni che hanno bucato la sensibilità di un Parlamento che sul digitale non ha mai dimostrato particolare attenzione, al di la di convegni e chiacchiere, ma è certo che d’improvviso si alza il vento, grazie all’intervento degli altri membri dell’intergruppo, anche se non sapremo mai se la cosa sia stata spontanea o abilmente preparata:

Rocco Buttiglione (NCD-UDC): «...È invece un emendamento fortemente migliorativo perché porta la Costituzione su un terreno che è decisivo per il futuro del Paese: ci aiuta ad entrare in quella economia della conoscenza…». Emanuele Cozzolino (M5S) «Sono due anni che siamo in Parlamento e si parla di agenda digitale: inseriamola in Costituzione se non siamo in grado di realizzarla per le vie normali, così avendo un principio in Costituzione, forse riusciremo ad attuarla quanto prima...».

E alle 22:17 il vento comincia davvero a soffiare forte, perché il relatore di minoranza Matteo Bragantini (LNA) cambia il parere «intervengo come relatore per cambiare il parere sull’emendamento Quintarelli 31.26 e invitare il relatore per la maggioranza e il Governo a valutare davvero questo emendamento. Anch’io avevo espresso un parere contrario ma le motivazioni mi hanno convinto che potrebbe essere un buon elemento per la riforma della Costituzione. Quindi chiedo veramente al relatore per la maggioranza e anche al Governo di rivalutare il parere: non cambia la vostra riforma, è una cosa di buon senso.»

Il vento diventa fortissimo, tutti si iscrivono a parlare per dare il loro appoggio, fino all’atteso intervento di  Maria Elena Boschi, ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, che decide per il cambio di parere «Intervengo per motivare l’iniziale parere contrario del Governo, condiviso anche inizialmente con i relatori e, quindi, poi anche la maturazione di un diverso orientamento alla luce del dibattito in Aula. (…) nell’esprimere il parere favorevole del Governo sull’emendamento, vorrei ringraziare sinceramente l’onorevole Quintarelli (…) poiché è il primo firmatario, fermo restando che ovviamente l’apprezzamento va al lavoro di tutti i colleghi che operano in questo settore e che si sono impegnati per questo emendamento e che lo hanno sottoscritto anche in questa sede».

Da qui in poi è uno tsunami di dichiarazioni. Il tifone prende la forma dei deputati del Movimento 5 stelle che chiedono a gran forza di poter firmare l’emendamento al punto che la Sereni, che apre le operazioni di voto, ha non pochi problemi a gestire il tutto. E alle 22:40 il provvedimento passa…. all’unanimità.  Sono passati esattamente 33 minuti. 33 minuti di pura democrazia i cui ingredienti sono stati: una giusta causa, impegno sincero, intelligenza tattica, capacità di ascolto, pragmatismo, una discreta dose di “foolish”.

Al di la del merito infatti, questi trenta minuti hanno restituito fiducia nella macchina parlamentare, il fatto che la discussione non sia stata una sterile liturgia avvallante decisioni prese in altre sedi, che il Governo abbia avuto la capacità di maturare “un diverso orientamento alla luce del dibattito in Aula” fa capire che sì, si può fare, si può lavorare meglio, basta volerlo. L’unanimità del voto su un emendamento costituzionale è la rara ciliegina su una torta ben farcita.

Dispiace solo il sapere che questa, presumibilmente, sarà una eccezione e non la regola, ma sarebbe bello poter vedere in futuro un numero maggiore di questi episodi, vedere la democrazia al meglio delle sue possibilità.

Per oggi, ai protagonisti di  questi trenta minuti di vera democrazia, da Coppola e Quintarelli che hanno lavorato sul merito, a Palmieri e la sua retorica vincente, ai deputati dell’intergruppo che hanno saputo amplificare a dovere (Buttiglione, Cozzolini etc), fino a Bragantini e al ministro Boschi che hanno saputo ritornare sui loro passi (cosa determinante, assolutamente non scontata e cui va dato il giusto merito), e ai deputati M5S il cui entusiasmo ha letteralmente travolto la presidenza, ai 364 votanti che hanno permesso una inaspettata unanimità, il mio grazie più sincero.

P.S.: Perché la cosa non sembri solo una retorica un po’ entusiasta di chi per anni si è speso (inutilmente) per l’innovazione, vorrei far notare che se questo emendamento troverà poi una applicazione completa nella Pubblica Amministrazione, si realizzeranno più risparmi che in un paio di manovre correttive.
Per una volta possiamo dire che quelli per i parlamentari sono stati soldi ben spesi.


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2 risposte a ““I trenta minuti che hanno cambiato la Repubblica digitale” di Giorgio Sebastiano”

  1. Avatar Vittorio Romano Zaccaria
    Vittorio Romano Zaccaria

    Caro Onorevole Antonio Palmieri,
    mi meraviglio che ancora non si è reso conto che in Italia la semplificazione è sempre stata osteggiata; non so se lo sa che la posta certificata che era stata creata in forma gratuita per il cittadino, le associazioni ONLUS e le imprese dal Governo, improvvisamente è stata annullata senza una valida motivazione.
    Purtroppo l’Italia sta facendo la fine della Grecia, ormai è irrecuperabile.

  2. Avatar Emilio
    Emilio

    ciao On.Antonio!
    se fai sapere in giro che hai convinto anche la Boschi a votare come te
    la tua rielezione è sicura! (a prescindere)

    alla prossima

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