Stai con Stanca o con Campa-Palmieri?

Internet news del 3 maggio 2003

Tre milioni di persone non hanno la garanzia di poter consultare il 97% dei siti. Complice la vetrina dell’anno europeo dei disabili, si è scatenata una gara politica all’approvazione della legge che imponga l’accessibilità universale al Web: da una parte un ministro impegnato, dall’altra due parlamentari e le associazioni del settore.

Prima era poco più di un dibattito tra addetti ai lavori per l’uguaglianza telematica. Oggi in favore dell’accessibilità Web – complice la vetrina dell’Anno Europeo dei Disabili – sono scesi in campo un ministro, molti politici, alcune tra le maggiori società Ict e tante associazioni del settore. Il ministro in questione è Lucio Stanca, responsabile del dicastero per l’Innovazione, che in febbraio ha fornito dati allarmanti: quasi tre milioni di disabili in Italia possono contare su un misero 3% di siti di facile accesso. Non bastano più le raccomandazioni degli organi di standardizzazione del Web, non servono le linee guida piene di affermazioni di principio, non sono sufficienti i richiami ufficiali ai siti della pubblica amministrazione: ora è necessario un salto di qualità normativo in grado di rendere obbligatori le soluzioni che consentono a tutti l’utilizzo della Rete. È nato così un disegno di legge che Stanca conta di far diventare legge al più presto, considerandolo una priorità governativa (ma anche un investimento a costo zero). Il ddl è stato licenziato dal Consiglio dei Ministri il 4 aprile scorso e sarà presto all’esame del Parlamento. In questo modo, però, il ministro rischia di cancellare con un colpo di spugna la lunga mediazione di cui si era resa protagonista la Camera dei Deputati, che certo richiede tempi più lunghi, ma che con la proposta di legge dei forzisti Campa e Palmieri aveva saputo aprire un tavolo di confronto a misura di disabile.

Molte idee sul tavolo
È senz’altro indicativo che il primo input verso la regolamentazione del problema non sia giunto dal Parlamento, ma da Donato Taddei, un tecnico informatico non vedente che nel 2000 sintetizzò in una proposta di legge i principi riconosciuti dai trattati internazionali. La bozza di Taddei prevedeva la rimozione delle barriere tecnologiche per tutti i siti della pubblica amministrazione secondo le linee guida della Web Accessibility Initiative e l’obbligo della formazione dei lavoratori disabili, stabilendo anche sanzioni per gli inadempienti. Sostenuto da molti deputati fin dalla scorsa legislatura, il testo ha avuto il merito di inquadrare per la prima volta il problema sotto forma di legge e aver aperto la strada ad almeno una decina di diverse proposte di legge. Tra queste, il progetto che ha saputo catalizzare nel tempo maggiori consensi e visibilità è la proposta 3486, firmata da Campa e Palmieri. Gli otto articoli in corso di discussione riprendono la struttura di alcune bozze precedenti (a cominciare dalla proposta Bono) e la arricchiscono di osservazioni tecniche e riferimenti alla documentazione legislativa attualmente disponibile. «Un sito Web accessibile», si legge all’articolo 3, «può essere visitato da qualsiasi utente indipendentemente dal computer, dalla velocità di collegamento, dal browser, dall’interfaccia utente e dalle eventuali periferiche alternative utilizzate».

La proposta Campa-Palmieri
Presentato alla fine del 2002, sottoposto in marzo all’esame della Commissione trasporti della Camera dei Deputati e in lizza per essere discusso entro il 2003 (forse già entro l’estate), questo progetto di legge afferma il diritto dei disabili all’accesso ai servizi e alle informazioni dei siti Web della pubblica amministrazione e delle aziende pubbliche, con il conseguente obbligo per questi operatori di renderli accessibili. Il testo si allinea ai propositi delle circolari Aipa 3/2001 e 32/2001 con l’aggiunta del carattere vincolante che queste, per loro natura, non potevano avere. Sul piano concreto impone la riduzione dell’Iva al 4% per l’acquisto di materiale informatico da parte di disabili e la defiscalizzazione del 30% sulle spese per rendere i siti accessibili. Sono previste anche sanzioni da 500 a 3.000 euro per le aziende di pubblica utilità che entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge non provvederanno all’avvio dell’adeguamento dei propri servizi telematici. Il ministero per l’Innovazione diventerebbe l’autorità garante dell’effettiva accessibilità dei siti pubblici e ai lavoratori disabili delle pubbliche amministrazioni verrebbe garantita la possibilità di lavorare con tecnologie adeguate alle loro esigenze. La conferma che la proposta piace anche alle opposizioni arriva dal Senato, dove il diessino Nuccio Iovene ha recentemente presentato un testo simile capace di fornire una sponda al problema anche nell’altro ramo del Parlamento. Questa proposta di legge prevede di affiancare all’autorità garante un osservatorio con compiti di controllo composto da esperti e rappresentanti delle associazioni dei disabili. Lo stesso Donato Taddei, estensore del primo progetto di legge in materia, ha dichiarato di aver ritrovato nel testo di Campa e Palmieri quasi tutti i contenuti della sua proposta, sottolineando la necessità di accelerarne l’iter (dopo aver effettuato alcuni aggiustamenti). Dunque tutto farebbe pensare che si tratti del punto d’arrivo di un lungo dibattito che comporterà modifiche sostanziali in tempi brevi per gli oltre 3.000 siti della pubblica amministrazione. Se non fosse per un’iniziativa ministeriale che rischia di rimettere tutto in discussione.

Il disegno Stanca
Il ministro per l’Innovazione Lucio Stanca si è fatto promotore di una commissione interministeriale per lo sviluppo e l’impiego delle tecnologie dell’informazione per le categorie deboli. Ne è nato il Libro Bianco, che è stato presentato lo scorso marzo a Roma, insieme al quale sono state redatte le Norme in materia di disabili e informatica, un documento che analizza le possibili soluzioni per l’utilizzo degli strumenti informatici da parte dei disabili e propone alcune raccomandazioni che il ministro si è impegnato a recepire nell’arco della legislatura. Tra i propositi espressi figura la promozione del telelavoro e la creazione di un centro di competenza per lo sviluppo delle tecnologie dell’informazione che coordini le varie iniziative in favore dei disabili. Contestualmente il ministro Stanca ha anticipato i contenuti di un disegno di legge che non si limita all’obbligo del rispetto dei criteri di accessibilità da parte degli enti pubblici, ma intende stimolarne l’adozione anche tra i privati. E mentre la pubblica amministrazione dovrà mettere a disposizione dei disabili la formazione e l’adeguata strumentazione software e hardware, per i privati il ministro ha pensato di istituire il bollino blu, una specie di certificazione per chi segue i parametri dell’accessibilità, da utilizzare anche come strumento promozionale. L’approccio del disegno di legge del ministro Stanca non ha incontrato il favore delle associazioni e ha lasciato perplessi molti esperti del settore, che dell’ennesima certificazione di qualità non sentivano proprio la mancanza.

Una partita aperta
La partita è ancora aperta tra le due proposte: in fatto di leggi il Parlamento è sovrano, ma è evidente che l’intervento di un ministro ha una forza politica più immediata. Se il fine è identico, la strada seguita dai promotori è molto differente sia nella definizione di accessibilità sia nei contenuti normativi. Mentre Campa e Palmieri acquisiscono in pieno le linee guida del W3C, accettando perfino sulla fiducia i futuri aggiornamenti (un elemento di dubbia legittimità giuridica), il disegno Stanca non entra nei dettagli tecnici e assegna a un successivo regolamento il compito di definire che cosa significa accessibilità e quali norme devono osservare i cittadini italiani. Fattore, quest’ultimo, che non convince molti addetti ai lavori perché equivale ad approvare a scatola chiusa un regolamento sul tema centrale della legge. Contrariamente alla Campa-Palmieri, il disegno Stanca non stabilisce poi alcuna sanzione economica, limitandosi a prevedere come forma di penale l’annullamento degli appalti con fornitori che non tengano conto dei criteri di accessibilità.
Differenze significative emergono anche per quanto concerne le agevolazioni fiscali: il ddl Stanca non stabilisce alcun intervento finanziario, mentre la pdl Campa-Palmieri prevede una copertura pari a 20 milioni di euro, soprattutto per la defiscalizzazione. È proprio il carattere di legge «a costo zero» della proposta ministeriale a lasciare interdetti molti esperti del settore, secondo i quali è praticamente impossibile non prevedere alcuna copertura per una legge che intende operare un adeguamento strutturale di tutte le applicazioni della pubblica amministrazione. In quale voce di spesa, si chiedono per esempio molti addetti ai lavori, sarà inserita la revisione dei progetti di e-government già avviati o in fase di avvio? Le sorti del problema si chiariranno presto, forse già nelle prossime settimane. La bozza di Campa-Palmieri è sostenuta da un vasto schieramento politico e dal mondo dell’associazionismo. Viceversa la proposta del ministro, pur nobile negli intenti, sembra scendere a patti con i tagli dei fondi per l’innovazione tecnologica e soprattutto con la fretta di portare a casa un risultato di prestigio prima della prestigiosa Conferenza europea sull’e-government, evento inaugurale del semestre italiano di presidenza dell’Unione Europea, che si terrà a Como il 7 e 8 luglio.

Chi si schiera e chi no
Tirano la volata alla Campa-Palmieri l’associazione Puntoit e il portale Key4biz, che hanno lanciato una vasta campagna per l’accesso promesso. I promotori raccolgono approfondimenti sull’iter legislativo e sui temi dell’accessibilità, ma tengono anche il conto delle adesioni alla campagna da parte di parlamentari (sono oltre 140), operatori Ict (tra gli altri: Assinform, Aiip, Federcomin, Iwa, Microsoft, Postecom, Seat, Smau, Tiscali e Yahoo!), associazioni (per ora 45). Altro punto d’incontro frequentato dai sostenitori della proposta parlamentare è la lista di discussione pdl3486, promossa dalla International Webmasters Association. Ma non tutti si schierano e alcune assenze fanno rumore: tra le maggiori associazioni impegnate nell’integrazione sociale dei disabili attraverso l’informatica, per esempio, Asphi preferisce non appoggiare nessuna proposta in particolare e si limita ad auspicare che il dibattito riesca a portare in tempi brevi a una soluzione efficace. Aldilà delle dinamiche politiche, la principale richiesta di chi lavora nel settore è che venga fatta chiarezza sul problema, evitando di approvare un concetto «vuoto» di accessibilità e di finire solo con il fare la fortuna degli organismi di verifica.

I termini del problema
Per capire quanto sia indispensabile affrontare il problema dell’accessibilità Web, basti pensare che attualmente in Italia i siti accessibili di regioni come Veneto ed Emilia Romagna rappresentano vere e proprie eccezioni, mentre in Europa Paesi come Norvegia, Svezia, Finlandia, Gran Bretagna e Irlanda sono ben più avanti. Negli Stati Uniti, dove i disabili sono oltre 50 milioni (a fronte dei circa 37 milioni dell’Unione Europea), sono stati molto pragmatici: nel 2001 è entrata in vigore la Section 508 del Rehabilitation Act, una norma specificamente diretta al Web che obbliga gli enti governativi statunitensi a fornire informazioni accessibili e indica 16 vincoli da rispettare. Tuttavia anche negli States non mancano le interpretazioni controverse: giudicando il ricorso di un ipovedente che lamentava la difficoltà di utilizzare i servizi di biglietteria online di una compagnia aerea, recentemente un giudice federale ha stabilito l’impossibilità di applicare al Web le normative che obbligano i gestori di luoghi pubblici ad agevolare l’ingresso dei disabili. In Italia uno dei siti più criticati dagli esperti di accessibilità è proprio la biglietteria online di Trenitalia, la cui versione attuale è ritenuta inaccessibile per una larga fetta di utenza (una revisione è annunciata entro l’estate, come si può leggere a pagina 72): a oggi, tuttavia, in Italia nessuno si è ancora rivolto a un giudice per non essere riuscito a prenotare un treno su Internet.
Molte proteste hanno coinvolto anche il portale Rai.it, tanto da provocare una raccolta di firme su Screentiful, arrivata a 500 adesioni. In questo caso non giocano solo i principi delle pari opportunità: «È indegno pagare il canone ogni anno per avere servizi inaccessibili, non solo ai disabili ma anche per chi non usa i più comuni sistemi operativi», dicono i promotori.

Sensibilità sociale (ed economica)
Quello che a livello pubblico è ancora un proposito per il futuro, nel privato in molti casi è già realtà grazie all’intraprendenza e alla sensibilità (anche commerciale) di alcune aziende. Per molti disabili sfogliare un giornale può essere molto difficile: consultarlo sul Web è una soluzione al problema e lo sa bene La Stampa di Torino, attiva nel favorire la lettura del quotidiano da parte degli ipovedenti da tempi non sospetti (qualcuno ricorda probabilmente il giornale digitale trasmesso con il Telesoftware di Televideo Rai). La Banca Popolare di Sondrio ha messo a punto Scrigno facile, un servizio di home banking accessibile con cui si possono interrogare le posizioni di conto corrente e di deposito titoli, effettuare bonifici e ricaricare cellulari. Nella stessa direzione si è mosso anche l’operatore telefonico Wind, che ha presentato una versione in linea con le specifiche Wai e con il progetto Wind Way lanciato l’anno scorso per eliminare ogni possibile barriera. Tim ha risposto subito dopo con un’iniziativa analoga, confermando che ormai le aziende considerano l’accessibilità anche un valido strumento promozionale. A Venezia è partito il progetto Cabi (Campagna per l’Accessibilità delle BIblioteche in rete ) promosso dalla Biblioteca Nazionale Marciana: intende essere uno stimolo per le biblioteche, ma si propone anche di avere in prospettiva un impatto sull’intera pubblica amministrazione. Per aderire non è necessario avere un sito già accessibile, bensì affermare di comprendere il problema e cominciare ad adeguarsi.
Di questi tempi non mancano gli annunci di restyling compatibili con browser testuali, sintesi vocali e altre postazioni d’accesso non standard non mancano proprio. Così come le occasioni per presentarli, favorite dall’Anno Europeo della Disabilità. Chissà che continuino anche nel 2004.


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