Intervista ad Antonio Palmieri

Giornale di Cantù del 16 novembre 2002

Finora ha «bigiato» una sola seduta in Parlamento, riceve 15-20 mail al giorno e il suo sito (www.antoniopalmieri.it) è visitato in media da 2.200 persone al mese. Ma soprattutto ha mantenuto la promessa di tornare spesso nel suo Collegio.

Antonio Palmieri, 41 anni, milanese, sposato con Elisabetta, ha lavorato in Rai e in Mediaset, dal 1993 si occupa della comunicazione elettorale nazionale di Forza Italia e adesso «provvisoriamente – precisa – sono deputato. Provvisoriamente perché in democrazia esiste fortunatamente il ricambio…». È in Forza Italia dal ’93, un forzista della prima ora dunque, che ha conosciuto Silvio Berlusconi nella villa di Arcore durante una cena del gruppo di lavoro che stava lavorando proprio alla nascita del partito. Mercoledì scorso, 13 novembre, a 18 mesi dall’inizio del suo mandato, ci ha fatto visita in redazione.

Un anno e mezzo fa è entrato in Parlamento come deputato per il Collegio di Cantù: se dovesse riassumere in poche parole questa esperienza cosa direbbe? «Questi mesi sono volati in un soffio e solo adesso sto cominciando a mettere a fuoco cosa vuol dire fare il parlamentare. La prima impressione è che purtroppo ci sono molte lungaggini che rallentano i tempi, mentre la nostra società corre veloce; la seconda è che se si studia e ci si prepara è possibile dare un contributo personale».

In questi mesi quante volte è tornato nel suo Collegio? «Per incontri pubblici almeno una volta al mese perché ho organizzato un ciclo di incontri con i cittadini e ho partecipato a meeting organizzati da altri».

Quali sono le problematiche che più le vengono sottoposte durante le sue visite? «Come ho sempre detto, non mi voglio sostituire alle istituzioni locali. Le tematiche sono sempre di tipo nazionale, ossia quegli interventi per i quali è opportuno che si muova il parlamentare. Essendo nella commissione Cultura, ho ricevuto numerose istanze dal territorio con riferimento alla riforma della scuola. Dopo questa intervista incontrerò i rappresentanti dei Vigili del fuoco volontari di Cantù per una questione relativa alla normativa nazionale».

Che idea si è fatto dei canturini in questi mesi? «Sono persone attive, che hanno ancora un solido radicamento nella fede cristiana e un grande senso di appartenenza alla loro città».

Segue le vicende della politica locale? «Le seguo attraverso il Giornale di Cantù, cui sono abbonato, gli altri mezzi di informazione locale, e grazie gli esponenti locali di Forza Italia. Seguo ma non intervengo in cose che non mi competono».

Caso Palazzetto: Comune, Provincia, Regione e Roma hanno lo stesso colore politico, sarà la volta buona per risolvere il caso e per mettere fine a quella che da tanti anni è la vergogna della «città del mobile»? «Mi sono attivato con il sottosegretario Pescante facendolo venire a Cantù la scorsa primavera; in quell’incontro è scaturito un percorso che l’Amministrazione comunale sta portando avanti».

A proposito di città del mobile, dopo le vicende degli ultimi mesi (hanno chiuso tre storiche aziende: Pino Meroni, Roncoroni, e ora anche MobilGirgi), Cantù può ancora dirsi «città del mobile»? Come uscire da una crisi sempre più grave? «Cantù deve rimanere la «città del mobile»; per farlo deve però sapersi dare strategie e modi di intervento sul mercato adeguati ai tempi; sono convinto che il Comune saprà essere facilitatore di questo processo di cambiamento».

Tempo fa aveva accennato alla possibilità di un museo nazionale dello sport con uno spazio anche per i disabili: a che punto è il progetto, visto anche l’interesse che potrebbe suscitare a Cantù dove da quasi 20 anni è presente l’associazione Briantea 84? «È una legge dello Stato e l’ho seguita da vicino. Adesso si sta cercando il luogo adatto a Roma dove realizzare il museo; mi auguro che nel 2003 questo possa vedere la luce. Proprio dall’incontro con Marson mi è nata l’idea di dedicare uno spazio allo sport per i disabili. L’accenno alla Briantea mi fa ricordare una promessa che non ho ancora mantenuto, cioè venire a vedere una partita. La promessa è ancora valida».

Dopo la recente partecipazione a Cantù al dibattito riguardo alla nuova legge sul commercio delle armi, le minoranze consiliari cittadine hanno proposto una mozione contro le modifiche volute dal Governo, mozione che è stata bocciata. Vuole spiegare qual è la posizione sua personale e quella del partito? Le minoranze hanno tra l’altro definito «bellicista» il suo intervento. Come si difende? «Ovviamente nessuno è per la guerra, solo i folli possono esserlo. A volte, purtroppo, la pace va difesa dall’attacco di coloro che portano la guerra e, in questo momento, il nostro Paese è coinvolto nella lotta contro il terrorismo, quindi siamo obbligati a difenderci. Mi ritengo un pacifico ma non un pacifista e vorrei che i pacifisti mi spiegassero come è possibile difendersi senza armi da chi ti attacca. La scelta pacifista è una rispettabilissima scelta personale, anche un sacrificio, ma come la si può imporre a tutti i cittadini nel momento in cui si ha la responsabilità di governare, esponendo così tutti alla violenza del nemico terrorista? Comunque questa legge non rende meno severi i controlli, come sostengono i suoi oppositori, tutt’altro.

Un aneddoto, un fatto curioso da raccontare? «Dopo l’elezione, l’editore Rubbettino ci ha regalato il libro «Salviamo il Parlamento», scritto nel 1895 da Francesco Ambrosoli, deputato del Collegio canturino per 4 Legislature, «apprezzato da tutti – si legge nell’introduzione – per l’impegno, la schiettezza, il coraggio, l’onestà». È stato un po’ come ricevere un testimone: mi ispiro a lui per cercare di essere il suo erede nel 2000».

Durante questi 18 mesi, quali sono stati i suoi impegni? «Seguire i provvedimenti in commissione cultura. Inoltre, mi sono attivato perché, per la legge sulla fecondazione assistita, ci fosse un vasto consenso nel nostro gruppo e perché nascesse una legge che fosse la più rispettosa possibile della vita umana fin dal concepimento. Gli impegni che ho portato avanti si possono controllare nel sito www.antoniopalmieri.it: tutti possono vedere giorno per giorno quello che faccio, insomma navigare per credere. Sto già lavorando alla nuova versione che presenterò ai canturini nel gennaio 2003».

C’è qualche promessa che non è riuscito a mantenere? «Mai fatto promesse, se non quella di lavorare per rispettare il programma con il quale la Casa delle Libertà si era presentata agli elettori ed è ciò che sto cercando di fare come dimostrano le statistiche delle mie presenze».

Quante sedute ha «bigiato» finora? «Una in commissione e una in aula il giorno in cui è stata operata mia moglie».

Cosa pensa del caso dei «pianisti» in Parlamento? «Fare il pianista per chi non viene mai in Parlamento è sbagliato, ma per come è il sistema di lavoro della Camera (le sedute sono almeno di 4-5 ore consecutive), capita a tutti, maggioranza e opposizione, di votare per chi si assenta momentaneamente, magari per motivi fisiologici».

Lei ha mai fatto il «pianista»? «Ho la fortuna di avere il posto tra due colleghi che ci sono sempre, ma non ho vergogna a dire che ho talvolta votato per loro e loro per me, quando le esigenze vitali ci hanno imposto di assentarci per pochi minuti».

Che rapporto ha con Berlusconi? «Un rapporto di grande stima e affetto, di estrema riconoscenza per le cose che mi ha insegnato professionalmente e per avermi dato l’opportunità di essere parlamentare».

Cosa pensa di Umberto Bossi? «È uno dei motori del cambiamento».

Qual è il politico più simpatico della maggioranza, quale quello della minoranza? «Ovviamente quelli della maggioranza sono tutti simpatici… Lo sono anche quelli della minoranza quando non si fanno prendere dalla retorica della propaganda politica».

Chi proprio non sopporta? «I politici che usano il doppio linguaggio: pontificano in pubblico, mentre in privato si esprimono con cinismo e disprezzo verso i cittadini». Quanto tempo passa a Roma? «In media tre giorni la settimana».

Come è cambiata la sua vita da quando è parlamentare? «È cambiata soprattutto per la lontananza da mia moglie, che è la vera vittima di questa situazione. Per fortuna, lei mi supporta e sopporta: è il mio primo consulente politico».

Lei è cattolico e in tempo di elezioni si è definito un «fieue dell’uratori»: riesce sempre a conciliare la fede con le esigenze della politica? «Questo è il tentativo che faccio ogni giorno, per il quale prego ogni giorno, è una tensione che non avrà mai fine, con errori e cadute ma sempre con la possibilità di ripartire».

C’è qualcosa che faceva prima di essere parlamentare e ora non fa più? «Praticavo il tai chi chuan (arte marziale cinese); ora a stento vado con qualche collega parlamentare a giocare a calcetto una volta al mese alle 11 di sera».


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