Internet, i social media e il Colle

I social media hanno (o avrebbero) avuto un forte impatto sulle elezioni presidenziali di questi giorni?

E’ un fatto che Internet è un formidabile e utile strumento di ascolto (che è la prima forma di comunicazione) e di dialogo e spiegazione delle decisioni ma non può sostituirsi alla capacità di leadership che è chiesta ai politici e alla capacità di tenuta di una posizione da parte dei singoli parlamentari. Certamente a patto che ci sia una posizione davvero fatta propria, forte di convincimento e approfondimento personale e di fiducia nella leadership.

Da questa ultima premessa derivano ulteriori considerazioni:

  • normalmente chi è contro fa sentire la propria voce e avvia la comunicazione, catalizzando gli altri scontenti.
  • la minoranza attiva online non va confusa con la maggioranza “silenziosa” che sta in internet o, peggio ancora, con l’intera popolazione.
  • men che meno si può prendere twitter come specchio della società: parliamo di quattro milioni di italiani, di cui un milione attivo. Il fatto è che twitter è il social media preferito dai giornalisti e quindi le tendenze (o presunte tali) che lì si manifestano sono più facilmente amplificate: ciò però deforma e non riflette la realtà.

Allora i social media (o meglio i pareri espressi tramite i social dai cittadini) sono inutili e dannosi? No, a patto che:

  1. Si colgano gli elementi di ragionamento (non il rumore di fondo) e si rifletta su essi. E’ quello che abbiamo fatto noi rispetto alle reazioni negative all’appoggio della candidatura di Franco Marini, isolando i motivi delle obiezioni e cercando di dare loro risposta.
    In questo modo l’intelligenza “collettiva” espressa nei social media e nel web ti aiuta a svolgere meglio il compito di parlamentare.
  2. Si dia conto delle proprie ragioni, se se ne hanno. Allora sì che l’ascolto diventa dialogo (una discussione è cosa ben diversa da un dibattito), uno scambio fruttuoso per tutti, parziale antidoto alla naturale (e per certi versi obbligatoria) tendenza all’opacità del potere.
  3. Il politico sia consapevole e realmente abbia una competenza e una conoscenza della complessità della situazione e dei fattori in gioco superiore a quella del singolo cittadino, il quale di norma vede le cose da un punto di vista parziale, nella accezione più vasta del termine. Buona parte dei commenti sono commenti da tifoso. Un politico non può fare il tifoso, ha una responsabilità da esercitare.

Aggiungo una ultima considerazione, che riguarda l’oggetto del contendere. Poiché internet non è un mondo a sé ma “risente” di quanto avviene, il punto di partenza è che è questo rito dei “grandi elettori” che oggi non funziona più: le persone scelgono direttamente il vincitore di un talent show così come il sindaco di un comune di poche centinaia di abitanti. E’ tempo di eleggere direttamente il presidente della repubblica, superando queste formule esoteriche anti storiche.

Grazie per l’attenzione. Se sei arrivato fin qui a leggere, sappi che la colpa di tutto questo è della mia partecipazione alla puntata odierna di Votantonio, su Radio 24, che mi ha obbligato a riflettere e a preparare queste riflessioni, che si sono giovate della lettura di quanto in questi giorni hanno scritto Caterina Policaro, Luca Sofri, Massimo Mantellini, Giuseppe Granieri, Fabio Chiusi, Cesare Martinetti.


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